Cricca è il sostantivo al centro della proposta politica di Rete: cricca come elemento per gettare discredito sugli avversari; cricca per accumunare, a seconda delle situazioni, soggetti che in comune hanno poco o nulla. Una narrazione ossessiva che rivela la nullità della proposta politica di un movimento nato solo, pare, per soddisfare le mire personali di alcuni personaggi che al di fuori della politica non avrebbero trovato tante soddisfazioni, personaggi che usano la politica per campare, alcuni dei quali con precedenti penali specifici e con rinvii a giudizio da parte del Tribunale e che, con un’azione spregiudicata ai limiti del bieco cinismo, sono assurti a ruoli istituzionali. Un racconto portato avanti con ripetitività compulsiva e con l’aggressività di chi si è giocato con la politica le fiches di una personale scalata al potere da dove oggi, con precisione militare, soddisfa sostenitori, sponsor ed elettori con incarichi e consulenze, applicando uno spoil system degno del più becero sistema totalitario. Una storia in cui Rete è ancora ossessionata da Alleanza Popolare – l’unica forza politica indenne dagli strali giudiziari, ed è questo che infastidisce i retini – e che, per altro, non esiste più dal 2016 quando, insieme a Unione per la Repubblica e ad altri cittadini, ha dato vita a Repubblica Futura. Sono lontani i tempi in cui Rete guardava con disprezzo la DC per essere il partito del Conto Mazzini, organizzava sit-in al carcere dei Cappuccini per festeggiare gli arresti di democristiani eccellenti. Da allora ne è passata di acqua sotto i ponti: oggi Rete blocca il Processo Mazzini insieme proprio alla DC, non tuona più contro gli stipendi di Banca Centrale e contro il re dell’asfalto Giancarlo Venturini. La verità è che Rete ha costruito la sua dimensione governativa sul racconto di gigantesche menzogne, su montagne di falsità attraverso le quali artatamente cerca di cambiare le risultanze della Commissione d’Inchiesta in cui RF, AP o UPR non c’entrano nulla. Se Rete è alla ricerca dei fiancheggiatori di Grandoni, perché non gira la testa verso la maggioranza di cui fa parte? Perché non guarda in faccia i partecipanti alle riunioni del condominio governativo? Perché fa finta di nulla sui nomi di chi firmò contratti d’affari con l’ingegnere - come la capogruppo di NPR Denise Bronzetti ancora lì al suo posto - oppure su chi chiese a Banca Cis di assumere persone e implorava la stessa banca di regalare quattrini alla festa dell’Amicizia? Chi era la Reggenza ospitata sulla barca di Marino Grandoni? Perché Rete non chiede ai propri condomini dove hanno trovato il simpatico franco-svizzero-egiziano Wafik Grais e il DG del dito medio? Condomini che, probabilmente, sapevano molto prima del 2017 chi era Francesco Confuorti e i legami che aveva con personaggi politici di San Marino. E’ evidente l’impegno di Rete per derubricare una vicenda giudiziaria come il Conto Mazzini che ha attraversato una certa classe politica (DC e PSD in testa), ad un semplice processo politico. In fondo sembra proprio che per Rete, oggi, sequestri di costose auto di lusso, immobili e finanche di una valigetta dal contenuto milionario, non significhino nulla! Meglio puntare il dito contro Buriani, che ha avuto anche l’ardire di indagare o rinviare a giudizio qualche retino doc. E ciò -sia chiaro- non vuol certo dire assolvere un magistrato da possibili responsabilità, che, se accertate, dovranno avere, come per tutti, le logiche conseguenze; non è possibile però trasformare tutto in burla e fingere che tangenti e ruberie non ci siano state, buttandola in politica ed invocando, ancora una volta, la cricca. I soli interventi di precisione chirurgica del governo di Rete in dodici mesi sono stati l’azzeramento del Cda di Cassa di Risparmio – per rendere possibile il ritiro della querela a carico di Roberto Ciavatta e Santi – e lo smantellamento del Tribunale con l’applicazione della dottrina della “terra da ceci” di Gabriele Gatti, un tempo odiato da Rete al punto di proporre il giorno del suo arresto come festa nazionale della Repubblica. Questa è la dimensione di Rete al governo. Un movimento colto da improvvisi vuoti di memoria, che spende e spande – in un momento tragico come quello attuale – milioni di euro in progetti strampalati, elargisce consulenze stile lotteria della fortuna (oltre 700.000 euro in circa 27 giorni), prende i soldi nel fondo pensioni e cerca liquidità negli USA, in Delaware, dimenticando le proprie lotte contro i pirati della finanza e gli strali lanciati contro il Lussemburgo (ma il Delaware è meglio?). Come sono lontani i tempi della decrescita felice! Oggi i retini più “in” pasteggiano, e non solo a brioches, nella buvette di Palazzo Pubblico e magari anche con i Rothschild per celebrare qualche consulenza milionaria! Oggi tutto è concesso e invece di richiedere a gran voce ed applicare il tanto sbandierato principio delle sedute del Congresso di Stato via streaming, Rete preferisce ipotecare il Paese in segreto, denunciando qualche giornale che si azzarda a dare notizie. Se è vero che “Parigi val bene una Messa”, Rete abbia almeno la dignità di tacere invece dei deliranti sproloqui con cui riempie comunicati che andrebbero indirizzati ai suoi attuali alleati, e dei messaggi in bottiglia lasciati come risposta a qualche interpellanza.
c.s. Repubblica Futura