Riforma IGR del 2013: gli effetti a distanza di 4 e 8 anni
Prosegue l’analisi della CSdL sui dati forniti dalla Segreteria di Stato per le Finanze. Dopo 4 anni dall’entrata in vigore i dati assoluti sono cambiati di poco, mentre sono variati all’interno delle diverse categorie. Nel 2022 il boom degli utili delle società ha fatto schizzare le entrate fiscali. Le imposte sui redditi da lavoro dipendente e pensione sono aumentate, nonostante i redditi abbiano perso potere d’acquisto
L’analisi che la Confederazione del Lavoro sta svolgendo sugli effetti della riforma fiscale del 2013 è proseguita con la valutazione della tendenza registrata dopo 4 e 8 anni dalla sua entrata in vigore. Ne ha riferita una sintesi il Segretario Generale Enzo Merlini nell'ultima puntata di "CSdL Informa". "Nel 2018 le entrate fiscali dovute alle imposte sui redditi sono aumentate di poco rispetto al 2014, anno dell’entrata in vigore della riforma: circa 9 milioni, l’11,2% in più. Nel medesimo periodo l’inflazione è stata piuttosto bassa, circa il 2%, ma l’incremento è stato contenuto. Ci sono però alcuni interrogativi, determinati da variazioni molto diverse, in particolare tra due categorie di contribuenti. Rispetto a 4 anni prima, il maggiore incremento medio dell’imposta, in termini percentuali, lo hanno registrato le imprese individuali (+19,5%), quando all’atto dell’entrata in vigore della legge nel 2014 sono state la categoria che ha invece avuto l’aumento minore. Il medesimo raffronto, relativo ai lavoratori autonomi, ha una tendenza opposta (-8,3% nel 2018 rispetto al 2014); erano stati la categoria che aveva subìto l’incremento maggiore con l’avvento della riforma. Sembra quasi che le imprese individuali si siano ravvedute, dichiarando redditi un po' più alti, mentre i lavoratori autonomi si siano considerati degli sprovveduti ed hanno quindi “recuperato”, denunciando redditi inferiori. Sono solo illazioni, ovviamente, ma non riesco a trovare una diversa spiegazione, visto che non ricordo ragioni economiche che possano giustificare una tendenza così diversa tra queste categorie. È vero che i redditi d’impresa sono soggetti a molte variabili, ma viene da pensare che ognuno dichiari ciò che gli pare, tanto non controlla nessuno. Nel 2022, le società hanno avuto utili stratosferici. È vero che la ripresa dopo la pandemia era attesa, ma non avrei mai immaginato un risultato così eclatante. Le società hanno più che raddoppiato le imposte medie pagate, rispetto al 2014, mentre nel 2018 avevano registrato un incremento del 16,5%. Ad esse è dovuto, per la stragrande maggioranza, l’aumento delle imposte complessive: 134 milioni nel 2022, contro gli 89,2 milioni del 2018 e gli 80,1 milioni del 2014. In termini percentuali, si tratta rispettivamente di un +50,2% e +67,1%. Le imprese individuali hanno proseguito la loro crescita, registrando nel 2022 guadagni in aumento del 61,5% rispetto al 2014, mentre i lavoratori autonomi si sono dovuti accontentare di un “misero” +19,1%, in linea con il dato inflativo degli 8 anni trascorsi. In altre parole, hanno avuto un incremento pressoché nullo. Per quanto riguarda i lavoratori dipendenti, nel 2022 hanno pagato imposte medie del 14,3% in più del 2014. Gli stipendi sono invece cresciuti molto meno rispetto all’inflazione, per cui le maggiori tasse hanno provocato un’ulteriore riduzione del potere d’acquisto. Da qui nasceva la richiesta di non applicare il fiscal drag, redistribuendo le maggiori imposte a favore dei redditi più bassi. Il Governo si è invece trattenuto le risorse, vantandosi di aver chiuso il bilancio in attivo. Questi dati non tengono conto del fatto che tra i lavoratori subordinati vi sono in realtà numerosi imprenditori che risultano dipendenti della propria società. Sarebbe interessante mettere in relazione i redditi da busta paga e da attività economica. Discorso a parte meritano i pensionati, che nel 2022, in media, hanno pagato molte più imposte sia rispetto al 2014 che al 2018; ben +33,6% in rapporto al 2014. In una certa misura, ciò è conseguenza dell’aumento delle pensioni medie; infatti, le persone molto anziane che vengono a mancare spesso percepiscono l’importo minimo, mentre i nuovi pensionati ricevono assegni con il massimo degli anni contributivi. Ma c’è un altro elemento, ovvero l’impatto dei redditi aggiuntivi rispetto a quello da pensione. Lo stesso vale per tutte le persone fisiche, che non hanno il solo reddito da lavoro. Con le prossime tabelle, analizzeremo anche questi dati.
CSdL
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