Rimini, gli studenti dei licei Karis si confrontano sull’invasione della Ucraina
L’iniziativa è nata dal basso. Dal bisogno degli studenti dei tre licei Karis di rimini, di cercare come comprendere il perché dell’invasione della Federazione Russa in Ucraina. Dall’esigenza di capire come e quanto il dramma della guerra li riguardi e coinvolga anche abitando sulla costa dell’Adriatico. In soli due giorni, grazie all’aiuto dei loro insegnanti si sono ritrovati questa mattina (1° marzo) in più di duecento nella sala del teatro Tarkovskijl per dialogare e porre domande a due testimoni in prima persona dell’inizio e delle prime conseguenze del confitto. La prima è una giovane madre italiana, Caterina Dell’Asta, insegnante di lingue, vive Kiev dal 2014 ha sposato un cittadino ucraino. È rientrata con marito e le due figlie piccole nel nostro Paese all’inizio della scorsa settimana, a pochi giorni dell’invasione. La seconda, Giovanna Parravicini, ricercatrice della Fondazione Russia Cristiana e direttore dell’edizione russa della rivista “La Nuova Europa”, si collegata via video con gli studenti Karis dalla sua casa di Mosca. Mentre ad introdurre il tema agli studenti con una breve ricostruzione storica delle tensioni tra Ucraina e Russia e sull’attuale situazione geopolitica, è stato Simone Argelli, vice preside del liceo linguistico San Pellegrino. Moltissime le domande dei ragazzi. Da quelle più generali come perché è successo proprio adesso, a quella centrale per tutti i giovani: noi che siamo a rimini, che rapporto possiamo avere con quello che sta accadendo? Caterina Dell’Asta ha risposto testimoniando in modo intenso e diretto quanto lei e la sua famiglia stanno vivendo: “A ognuno è dato un posto dove essere e che magari non ti scegli, ma se ti viene dato vuol dire che può essere utile anche quello. A Kiev ho degli amici che vivevano in una zona dove ci sono stati i bombardamenti più forti. Gli abbiamo fatto sfondare la nostra porta di casa e hanno passato lì dei giorni rimanendo più al sicuro. Abbiamo potuto donare la nostra casa perché siamo in Italia. Poi anche il nostro quartiere è stato colpito e i nostri amici sono fuggiti grazie alla nostra macchina che era davanti a casa”. “Dal 24 siamo sommersi da richieste di amici che ci chiedono di raccontare quello che sta accadendo, che la guerra c’è. Siamo tutti vicini, la guerra non è lontana, c’è bisogno di ognuno di noi per raccontare e organizzare magari l’accoglienza per gli sfollati – ha continuato Caterina Dell’Asta – In realtà siamo tutti vicini. Il posto che a noi sembra insignificante, che ci è stato dato in questo momento di vita, in realtà ha una sua importanza, bisogna stare solo con gli occhi e le orecchie aperte per capire cosa fare”. Tante domande anche su un aspetto ritenuto molto importante dagli studenti: quale sia l’opinione del popolo russo rispetto alla guerra e l’impatto possibile delle manifestazioni contro la guerra dei cittadini sul loro governo. A rispondere è stata Giovanna Parravacini: “Il russo è un grande popolo. Ha contribuito non poco alla cultura internazionale. Il centro culturale cattolico ortodosso che abbiamo fondato è un luogo di dialogo. Però negli ultimi abbiamo visto una chiusura all’occidente e alle culture occidentali. Il popolo russo è diventato in qualche misura anche esso vittima di una coartazione della libertà, alla discussione al confronto. Noi cerchiamo con la nostra attività culturale di creare luoghi dove una persona può essere libera di dire quello che pensa. Il campo di battaglia è quella di una resistenza morale e civile. Non so Putin cosa pensa al proposito, ma in Russia sta nascendo e si sta diffondendo una società civile che non si indentifica con il regime”. “In questi giorni sono stati fatti più di 5000 fermi di polizia di ragazzi e adulti che vanno in piazza a protestare. Sui social sono tantissimi a chiedere perdono, ad esporsi personalmente, nome e cognome, per dire no alla guerra. Questa non è una posizione politica, non è nemmeno contro Putin, ma è per l’uomo, per la verità dell’uomo – ha concluso Giovanna Parravacini - Anche le chiese di sono schierate, i vertici fanno fatica a essere chiari e aperti perché hanno paura, ma il metropolita ucraino che dipende da quello di Mosca, ha chiesto ai cittadini di difendere la patria. Ha scritto a Putin per intimargli dicessare immediatamente la guerra. Nella società russa c’è un costante passaparola, una comunicazione alternativa via web di persone che chiedono al governo verità. Dicono in Ucraina hanno solo fratelli e sorelle”.
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