Il docufilm su Sanpa mi ha fatto rivivere gli anni della lotta contro le tossicodipendenze. Un “virus” che negli anni ‘80, in pieno edonismo, colpiva i ragazzi riducendoli a zombi, seminando dipendenza totale in chi faceva uso di sostanze e dolore e sconforto nelle famiglie, nei quartieri e nelle città. Un periodo buio. Fummo improvvisamente invasi dall’eroina, nessuno ne sapeva più di tanto, le istituzioni si trovarono impreparate e con servizi insufficienti e le famiglie venivano sopraffatte dalla disperazione. Ho vissuto quell’esperienza da dentro, per mia fortuna non da tossico, ma nel volontariato. Poco più che ventenni costituimmo a Riccione l’Associazione “per l’emancipazione” (APE), con Pironi, Piselli e altri. Ma ho vissuto quella esperienza anche più concretamente come famigliare di un ragazzo che ho strappato dalla strada e portato a vivere in casa mia per oltre un anno senza abbandonarlo un attimo, gestendo crisi di astinenza e fughe. So cosa vuol dire. In quel tempo emersero in modo pioneristico tre teorie: quella della “terapia della riduzione del danno”, della terapia scalare e della lotta allo spaccio sostenuta dalle istituzioni pubbliche che aveva come riferimento in primis Leonardo Montecchi e il Sert, quella del volontariato cattolico e del soccorso della fede cristiana che aveva come riferimento Don Oreste Benzi, quella aggressiva e cruenta di Vincenzo Muccioli. Tre grandi personaggi, ognuno grande a modo suo. Tre metodi utili nella loro diversità. Alla battaglia contro l’eroina si affiancò una battaglia ideologica sul modo più efficace e corretto per combatterla. Il docufilm l’ho trovato tecnicamente ben fatto, anche se fa emergere solo parzialmente questa complessità, concentrandosi su Sanpa, con le sue luci e le sue ombre. Non credo sia utile tornare in alcun modo allo scontro ideologico di quel tempo. Penso che in quella occasione lo Stato abbia fatto lo Stato, che non puà tollerare l'illegalità. Come afferma Luciano Nigro nel docufilm: né a favore né contro acriticamente. L’abbiamo amato e l’abbiamo criticato. Il docufilm dice sostanzialmente questo. Da esso possiamo trarre spunto per essere tutti migliori e più preparati. La droga non è sparita dalla circolazione, e nemmeno le debolezze che ne alimentano l’uso. Semmai si presenta in modo meno evidente e più subdolo, ma non per questo meno pericoloso e devastante. Ho frequentato anche ultimamente la Comunità di San Patrignano, non come politico ma come famigliare, e trovo che svolga una funzione straordinariamente importante. Lunga vita a San Patrignano.
c.s. Riziero Santi, Presidente Prov. Rimini