Su: e San Marino rimane in attesa
All’interno della relazione è dedicato un capitolo ai diritti LGBTI (lesbiche, gay, bisessuali, transgendere intersessuali) nel quale c’è una ferma condanna del recente aumento di leggi discriminatorie, ma soprattutto una presa d’atto della legalizzazione del matrimonio o delle unioni civili tra persone dello stesso sesso.
In questa direzione si incoraggiano le Istituzioni e gli Stati membri dell’UE ad approfondire la questione dichiarando che le unioni civili tra persone dello stesso sesso meritano una valutazione attenta perché rappresentano una questione di DIRITTI UMANI E CIVILI (punto 162 della Relazione).
A rafforzare il significato di questo riconoscimento arrivano i punti 163 e 164 della Relazione in cui la Commissione e l’OMS sono invitati a eliminare i disturbi dell’identità di genere dall’elenco dei disturbi mentali e comportamentali, a intensificare gli sforzi per porre fine alla patologizzazione delle identità di transgender; incoraggiando infine gli Stati a garantire procedure rapide, accessibili e trasparenti di riconoscimento del genere, che rispettino il diritto all’autodeterminazione.
Indubbiamente il 12 marzo rappresenta un gran giorno per la democrazia e i diritti civili.
Ora la domanda che sorge spontanea è: e San Marino? Come pensa di comportarsi alla vigilia del 18 marzo, data di inizio della trattativa per gli accordi di associazione con l’UE in merito a questi temi?
Come Sinistra Unita e come forza politica progressista ci siamo sempre battuti perché le persone possano avere il diritto di vivere secondo le proprie scelte, perché crediamo che lo Stato abbia il dovere di trattare i suoi Cittadini allo stesso modo e il risultato della Relazione ci conferma quello che abbiamo sempre sostenuto, anzi rafforzandone il significato, visto che si parla esplicitamente di DIRITTI UMANI!
Eppure, ancora nel 2015, ci si rifiuta di riconoscere a queste persone il diritto di amare, di scegliere con chi condividere la propria vita, tanto più se l’altra metà è forense! Ancora si agita lo spauracchio dell’invasione senza precedenti nella storia della Repubblica – come all’alba del referendum del 1984 per il mantenimento della cittadinanza sammarinese alle donne che sposavano un forense!.
In Consiglio Grande e Generale abbiamo sentito, non più di sei mesi fa, esponenti di diverse forze politiche arrampicarsi sugli specchi per spiegare la loro contrarietà, avvitandosi su termini come “matrimonio” e “unioni civili”: sarebbe interessante capire tutte queste differenze, visto che alla base c’è qualcosa di poetico, l’amore, e non solo qualcosa di meramente giuridico come il contratto matrimoniale. Altri paradigmi servono solo a non rispondere, a ignorare quei nostri Cittadini che chiedono di essere riconosciuti per il loro essere.
Crediamo che la politica debba avere il compito di dare risposte e di indicare l’orizzonte a cui la nostra Repubblica deve arrivare, tracciando la strada per un’evoluzione culturale troppo spesso lasciata in un angolo per convenienza e opportunismo politico.
Speriamo che la Relazione del Parlamento Europeo possa servire anche a San Marino per fare un passo avanti in materia di diritti civici e umani, perché crediamo sia una questione non più rimandabile, perché abbiamo persone discriminate da uno Stato che dovrebbe invece tutelarle, uno Stato verso cui hanno dei doveri ma che non gli riconosce il diritto fondamentale: quello di amare e di essere.