Simone Celli si dimette dal gruppo consiliare del Partito Socialista
con le mie dimissioni dal ruolo di Segretario Generale dello scorso mese di novembre, ho voluto porre fine al teatrino di un compromesso tanto inutile quanto dannoso per il Partito Socialista.
Non mi piace l’ipocrisia. Perciò, nel corso del mio impegno politico ci ho messo sempre la faccia, nel bene e nel male. Di sicuro non sono immune dall’aver compiuto errori e sono consapevole che anche da Segretario Generale del Partito Socialista avrei potuto fare di più. Riconosco con serenità di avere la mia parte di responsabilità se si è venuta a creare una situazione simile e di certo la colpa più grande è stata quella di aver accettato, nel marzo del 2015, di tornare alla guida della segreteria senza circostanziare preventivamente quali sarebbero stati i futuri orientamenti della nostra forza politica.
Tutto ciò ha inevitabilmente portato il Partito Socialista a osservare una linea contradditoria dopo la celebrazione dell’ultimo Congresso: il Patto di Legislatura si è trasformato progressivamente in un appiattimento sul governo e in particolare sulla Democrazia Cristiana; la riorganizzazione dell’area riformista non è mai stata perseguita con determinazione, prova ne è il fatto che quasi sempre io abbia partecipato in solitudine alle riunioni del Tavolo Riformista; i grandi temi lanciati nella mozione congressuale – riforme istituzionali, unioni civili, piano anti-burocrazia, reddito di inclusione sociale, solo per citarne i principali – sono rimasti al livello di semplici enunciati.
Dopo otto mesi di stenti e di ambiguità, dovuti alla mia tendenza a mettere davanti ad ogni altra cosa l’unità del partito e alle oggettive difficoltà di movimento all’interno di un’organizzazione condizionata in maniera più che evidente da logiche di tipo personale e feudale che nulla hanno a che vedere con la politica, il mio passo indietro era diventato un obbligo.
Sono conscio della pesantezza della decisione assunta – che d’altra parte mi ha procurato dolore e sofferenza –, ma era arrivato il momento di imprimere una scossa e di stimolare un profondo chiarimento sul ruolo del Partito Socialista nel presente e nel futuro panorama politico.
Il punto, infatti, è stabilire che cosa vuole rappresentare il Partito Socialista nel terzo millennio. Non basta inseguire spasmodicamente l’eldorado governativo per dare credibilità e autorevolezza ad un movimento politico che nel corso della sua straordinaria storia è stato protagonista indiscusso delle maggiori conquiste civili e sociali in favore della popolazione sammarinese, come l’Arengo nel 1906 e l’Istituto per la Sicurezza Sociale nel 1955. Stare al governo senza avere una precisa identità valoriale e programmatica è un puro esercizio di gestione del potere, cosa che sinceramente a me non interessa affatto.
E’ tempo, quindi, di dire che tipo di Partito Socialista vogliamo, mettendo da parte le manovre tattiche – per carità, assolutamente legittime e comprensibili – successive alle mie dimissioni che non hanno avuto l’effetto di produrre un chiarimento su questioni fondamentali, nonostante i passi in avanti compiuti rispetto, ad esempio, alla partecipazione al tavolo riformista frutto della positiva determinazione dell’ex Presidente Alessandro Bevitori.
Per queste ragioni provo ad esprimere in modo sintetico la mia visione di Partito Socialista con l’obbiettivo di precisare una volta per tutte, abbandonando inutili giri di parole, a quale traguardo secondo me bisognerebbe puntare.
Personalmente penso al Partito Socialista come ad un’organizzazione che mette al centro della propria base ideale di riferimento il merito, le pari opportunità, la libertà, la democrazia, la giustizia sociale e la legalità; che sostiene le persone più deboli, indifese e disagiate, proponendo l’introduzione di un reddito di dignità nell’ordinamento giuridico; che promuove l’ampliamento della sfera dei diritti civili, richiedendo il riconoscimento giuridico delle unioni civili tra persone dello stesso sesso sul modello delle esperienze degli Stati europei più avanzati; che intende generare ricchezza e lavoro attraverso un modello di sviluppo sostenibile fondato su competenze, processi decisionali veloci, certezza del diritto e infrastrutture tecnologiche adeguate; che vede nell’integrazione europea un’opportunità di crescita economica, sociale e culturale; che agisce per il superamento del sciagurato piano regolatore speculativo del 1992 con l’individuazione di un nuovo strumento di pianificazione urbanistica che permetta di coniugare la necessaria riorganizzazione del territorio con la tutela dell’ambiente; che punti all’indipendenza energetica incentivando l’uso delle fonti rinnovabili e delle tecnologie verdi.
Sul piano strettamente politico ritengo che i Socialisti debbano partecipare al Tavolo Riformista dicendo esplicitamente di voler dare vita ad un nuovo soggetto unitario della sinistra democratica sammarinese che abbia la capacità e l’ambizione di porsi alla guida di un’alleanza per il cambiamento, il rinnovamento e le riforme.
Era questa la prospettiva che da Segretario Generale volevo far abbracciare al Partito Socialista, ma non ci sono riuscito perché in ogni occasione ho attribuito più importanza all’unità rispetto all’affermazione della linea politica in cui credevo veramente. Ho sbagliato, perché ci sono momenti in cui bisogna avere il coraggio di battere i pugni sul tavolo e il non averlo fatto è stato un errore. Era questa la sfida su cui, anche dopo le mie dimissioni, confidavo potesse impegnarsi il Partito Socialista mettendo il proprio incredibile patrimonio di storia, cultura e valori, a disposizione di un progetto di alto livello in grado di rispondere concretamente alla frammentazione superando in modo definitivo le ideologie novecentesche che a mio parere non hanno più significato dopo la caduta del Muro di Berlino.
Pur lasciando il ruolo di Segretario Generale, avevo deciso di rimanere nel gruppo consiliare del Partito Socialista per coerenza con il mandato che mi è stato assegnato dagli elettori e soprattutto per il fortissimo legame ad un partito che nel mio piccolo ho contribuito a costruire.
Ora però, con la scelta di disertare e il tentativo, peraltro maldestramente fallito, di boicottare la serata di presentazione di Laboratorio Democratico (che è una semplice associazione politico-culturale di liberi cittadini!!!) si è conclamata la diffidenza e l’ostilità del gruppo dirigente del Partito Socialista, o comunque di una buona parte di esso, verso le posizioni sostenute apertamente da me e da altri compagni.
A questo punto, sono giunto alla dolorosissima conclusione che la mia esperienza all’interno del Partito Socialista sia arrivata al capolinea.
Per questi motivi, nella giornata odierna ho incontrato gli Eccellentissimi Capitani Reggenti per formalizzare la mia decisione di dimettermi dal gruppo consiliare del Partito Socialista.
D’ora in avanti il mio impegno politico, nel Paese e nelle Istituzioni, sarà rivolto solo ed esclusivamente a collaborare in modo attivo – senza alcuna velleità di tipo personale – con le organizzazioni e gli individui che sono realmente intenzionati a raggiungere il risultato dell’unità della sinistra riformista e democratica.
Termino questa missiva, ringraziando di cuore tutti i compagni socialisti che in questi lunghi anni mi hanno sostenuto e mi hanno onorato della loro fiducia.
Mi scuso pubblicamente nel caso in cui siano state deluse le loro legittime aspettative.
Comunicato stampa
Simone Celli