Stabilizzazione? No, ancora precari

Stabilizzazione? No, ancora precari.
Come è noto, recentemente è stato avviato l’iter normativo che porterà alla stabilizzazione dei precari della Pubblica Amministrazione, o almeno di una parte di essi. A tal proposito, occorre chiarire che per quanto riguarda il comparto del personale docente, allo stato attuale, è stato stabilito che potranno godere della stabilizzazione solo i docenti della Scuola Media Inferiore, Scuola Secondaria Superiore, Educazione Fisica e Inglese Scuola Elementare che hanno accumulato 42 punti di anzianità e quelli della Scuola dell'Infanzia ed Elementare che ne hanno 12,60 corrispondenti in entrambi i casi a 7 anni di servizio. A questo primo blocco, si aggiungerà una seconda fascia di insegnanti, costituita da coloro che nei suddetti ordini di scuola hanno raggiunto rispettivamente 30 o 9 punti. Essi concluderanno il pro- cesso di stabilizzazione al raggiungimento del punteggio totale richiesto dal decreto. Sulla base di quanto detto, un primo elemento di preoccupazione è rappresentato dal fatto che chi ha meno di 30 o 9 punti non viene neppure menzionato nel decreto che regolamenta l’iter di stabilizzazione. La possibilità di assumere degli incarichi da parte di questi ultimi viene così caricato di incertezza, e potenzialmente minato dal cambiamento (in futuro) dei criteri per l’accesso all’insegnamento. Ad esempio, si prospetta l’eventualità di un concorso abilitante per poter essere stabilizzati, rivolto ad un gruppo di docenti che già possiedono titoli e abilitazioni e che svolgono da anni questo lavoro. Si aggiunga che, è stato deciso di considerare stabilizzabili solo coloro che hanno raggiunto i 5/7 anni di anzianità di servizio, a differenza dei 2 considerati validi per il resto della Pubblica Amministrazione. É ipotizzabile che tale disparità venga giustificata dal differente orario di lavoro settimanale fra il personale docente (18 ore) ed il restante (36ore). Se fosse questo il criterio allora non si spiegherebbe perché, da un lato, la stabilizzazione avvenga al raggiungimento dei due anni, men- tre, per i docenti, dopo 7 o 5 anni.
Quindi sulla base di quanto detto, il rapporto, al massimo, dovrebbe essere quello di 1 a 2, con abbassamento del limite dei 5 anni almeno a 3. A quanto sopra riportato, si aggiunga che, per la presente stabilizzazione, il legisla- tore non tiene minimamente conto dei titoli culturali aggiuntivi acquisiti dagli inse- gnanti, ma esclusivamente dell’anzianità di servizio. In questo modo, parte del pun- teggio calcolato per l’inserimento nelle graduatorie, e indispensabile per poter lavo- rare, non viene considerato nel momento in cui si va a formalizzare il rapporto di la- voro tra Stato ed insegnante. Inoltre, si viene a creare una situazione in cui, chi ha più anzianità di servizio, ma meno titoli e dunque un minor punteggio complessivo in graduatoria, si trova a scavalcare chi è in posizione più avanzata e ad essere quindi stabilizzato. Vista la particolarità del settore docente, si auspica che si possa tenere conto dei menzionati titoli aggiuntivi, considerato che essi: a) rappresentano quella formazione aggiuntiva che il legislatore, nel decreto in que- stione, dichiara indispensabile per migliorare le competenze e la professionalità dei docenti (nonché per accedere alle graduatorie per l’insegnamento); b) comportano delle spese per il loro conseguimento (trasferte, tasse universitarie ecc.), completamente a carico del docente. In sintesi, vista la particolare connotazione della figura del docente, pare inappro- priato non considerare, almeno in parte, per l’accesso alla stabilizzazione, i titoli ad oggi abilitanti per l’insegnamento e utili alla formazione dell’insegnante. Un gruppo di insegnanti precari di serie B

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