Stabilizzazione? No, ancora precari
Quindi sulla base di quanto detto, il rapporto, al massimo, dovrebbe essere quello di 1 a 2, con abbassamento del limite dei 5 anni almeno a 3. A quanto sopra riportato, si aggiunga che, per la presente stabilizzazione, il legisla- tore non tiene minimamente conto dei titoli culturali aggiuntivi acquisiti dagli inse- gnanti, ma esclusivamente dell’anzianità di servizio. In questo modo, parte del pun- teggio calcolato per l’inserimento nelle graduatorie, e indispensabile per poter lavo- rare, non viene considerato nel momento in cui si va a formalizzare il rapporto di la- voro tra Stato ed insegnante. Inoltre, si viene a creare una situazione in cui, chi ha più anzianità di servizio, ma meno titoli e dunque un minor punteggio complessivo in graduatoria, si trova a scavalcare chi è in posizione più avanzata e ad essere quindi stabilizzato. Vista la particolarità del settore docente, si auspica che si possa tenere conto dei menzionati titoli aggiuntivi, considerato che essi: a) rappresentano quella formazione aggiuntiva che il legislatore, nel decreto in que- stione, dichiara indispensabile per migliorare le competenze e la professionalità dei docenti (nonché per accedere alle graduatorie per l’insegnamento); b) comportano delle spese per il loro conseguimento (trasferte, tasse universitarie ecc.), completamente a carico del docente. In sintesi, vista la particolare connotazione della figura del docente, pare inappro- priato non considerare, almeno in parte, per l’accesso alla stabilizzazione, i titoli ad oggi abilitanti per l’insegnamento e utili alla formazione dell’insegnante. Un gruppo di insegnanti precari di serie B