Usc: Sul piano si stabilità nazionale preoccupa l'indebitamento estero
Lo sforzo richiesto nell’ultimo anno alle imprese, imposte, Minimun Tax, Sanatoria, Patrimoniale e non ultimo l’aumento del 20% sul secondo acconto IGR del 30 novembre, rappresentano un onere troppo gravoso da sostenere, in particolar modo, da parte delle piccole e medie imprese. Considerato anche la forte contrazione che interessa tutti i settori, riteniamo che far sobbarcare alla collettività l’onere di sanare l’indebitamento provocato dal sistema bancario non sia equo, ne corretto nei confronti di quelle realtà che hanno retto la prova del tempo.
Occorre attenzione nel perseguire interventi volti ad una economia reale, quali il commercio, il turismo e l’artigianato presenti in territorio che non scappano e non sono scappati lasciando debiti inesigibili.
Vista l’estrema necessità di liquidità da parte della Finanza Pubblica si dovrà provvedere ad incrementare le entrate ed a una conseguente riduzione degli sprechi.
Analizzando il Piano di Stabilità Nazionale e di Sviluppo abbiamo osservato che esso verte in modo preponderante verso il settore bancario e finanziario, settore che nell’ultimo anno e mezzo ha impegnato il Governo ma nel frattempo ci si è dimenticati che tutto il Paese è fermo da anni per quanto riguarda sviluppo e crescita alla base di ogni singola operatività anche della Pubblica Amministrazione. Posto che riteniamo non sufficiente un taglio del 2,5% della stessa Pubblica Amministrazione ma si dovrebbe arrivare almeno ad un 15%, riteniamo ancor più indispensabile una più puntuale informatizzazione riorganizzazione e razionalizzazione soprattutto delle professionalità interne ad ogni singolo ufficio.
Il progetto del Piano di Stabilità Nazionale è difficilmente realizzabile e non condivisibile se non viene attuata una vera e propria “rivoluzione” delle professionalità già presenti in territorio. Inutili sono, e saranno, le ulteriori spese di consulenze esterne, anche riguardo alle ambasciate e consolati non sempre giustificate dai risultati, se alla base non persiste una vera e propria capacità e volontà di analisi, in primis, del nostro sistema Paese e di ciò che va migliorato. Non è sufficiente unificare logisticamente più uffici, pensando di “risparmiare” tempo e denaro, se le professionalità rimangono le stesse senza venire ben formate e con regole certe ma soprattutto senza essere responsabilizzate e ben dirette da chi ne è a capo.
Vogliamo cambiare il modello della Ferrari senza esaminare chi la dovrà guidare, perché, il nostro Paese, è già una Ferrari, ora, dobbiamo solo formare dal basso i collaudatori. Questo permetterebbe di mantenere lo stesso numero di dipendenti ma con l’obiettivo di un aumento del 100% di produttività resa al mondo privato senza troppi tagli alla Pubblica Amministrazione.
La nostra grande preoccupazione è rivolta al rischio di indebitamento estero in assenza di una realistica progettualità, che non abbia come obiettivo la crescita e lo sviluppo, ma il solo fine di mantenere una PA elefantiaca non sostenibile da parte dell’imprenditoria privata. Con i “sacrifici” richiesti a tutti i cittadini e alle imprese non vorremmo solo chiudere buchi creati da altri con il solo fine di volere a tutti i costi mantenere il “carrozzone” rischiando …….la Grecia e i suoi consulenti insegnano!