La battaglia legale di Gabriele Gatti continua, e punta ai membri dell’organismo di inchiesta

Entra a martello nella campagna elettorale, anche se la vive da comune cittadino e non svela per chi voterà. Dopo le denunce per calunnia nei confronti dei due testi che lo hanno chiamato in causa come referente politico di Vallefuoco, Gabriele Gatti ha acquisito parte del materiale dal tribunale, che ringrazia per la solerzia. “Documenti che confermano – dice – come tutto l’impianto accusatorio sia basato su testimonianze poco attendibili”. “Uno è Roberto Zavoli – ricorda - che ha un mandato di cattura in Italia e ha portato Vallefuoco a san Marino”, l’altro è un teste, coperto da segreto istruttorio, di cui non ho mai sentito parlare”. Affermazioni false sulle quali, prosegue Gatti – la commissione non ha verificato. Rimarcando anche la mancanza di contradditorio. L’ex segretario ipotizza premeditazione nell’azione dell’organismo di inchiesta e dunque un reato. Di quale gravità è presto per dirlo, potrebbe trattarsi anche di abuso di autorità, ipotizza l’avvocato Filippo Cocco. Il legale conta di accedere ai verbali originari della commissione per verificare se il percorso sia stato proceduralmente corretto. “L’organo consiliare – dice - aveva i poteri della magistratura, dunque anche i doveri”. Gatti ricorda che in tribunale, oltre alla sua denuncia, è depositata una seconda, del’avvocato Maurizio Proietti, mentre non ci sono state comunicazioni giudiziarie nei suoi confronti a seguito della relazione antimafia. “Vallefuoco era nel mirino delle procure italiane - rincara – se avessi avuto rapporti con lui sarei stato chiamato in causa dalle inchieste. Quanto riportato alla commissione è frutto del sentito dire, non di testimonianze dirette- conclude Gabriele Gatti – un lavoro approssimativo e mirato. Tanto che da domandarsi che capacità di ricoprire incarichi di governo possano avere i membri della commissione ora candidati.
Nel video l'intervista a Gabriele Gatti.

Giovanna Bartolucci

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