Blitz anti 'ndrangheta, il nome di uno degli indagati segnalato a San Marino sin dal 2012
La nuova mafia spara poco, ma tratta col mondo produttivo. L'indagine milanese del pm D'Amico, coordinata dall'aggiunto Boccassini, porta alla luce la nuova forma della malavita organizzata, in affari con imprenditori la cui origine non è schiettamente criminale: è gente, si legge nell'ordinanza di custodia cautelare, che vive ai confini della legalità, tra frodi fiscali, bancarotte fraudolente e segnali di crisi aziendali, crisi che induce gli imprenditori a diventare collusi. E' dunque incerta la linea di confine che separa vittima, concorrente esterno e vero e proprio partecipe dell'associazione criminale. Il presunto boss Giuseppe Pensabene, 47 anni, della provincia di Reggio Calabria, ex soldato della famiglia Imerti nella guerra di 'ndrangheta, al nord è diventato usuraio-ragioniere, capace di tenere a freno le armi e di usare la testa. Al punto che gli affiliati lo chiamavano “sovrano”, o anche “Papa”. “Per i soldi sono meglio le Poste...”, si legge in una intercettazione, per lui infatti il suo gruppo doveva avere conti negli uffici postali, dove poteva contare anche sulla complicità di dipendenti. Pensabene aveva messo in piedi una banca clandestina, con addentellati all'estero, tra Svizzera e San Marino, dove operava Giuseppe Vinciguerra che aveva frequentazioni sammarinesi, non meglio identificate nemmeno nell'ordinanza: c'è solo un numero di cellulare. Il suo nome però non dovrebbe essere del tutto sconosciuto agli inquirenti sammarinesi: una segnalazione a suo carico era già stata fatta, nel 2012, e compariva anche nelle carte sequestrate nella finanziaria Finproject.
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