Camorra: Rimini, arrestate 20 persone nell'operazione "Mirror"

Da un arresto in flagranza per droga e armi, anni fa, gli inquirenti hanno iniziato a conoscere a fondo i soggetti dell'associazione per delinquere di stampo mafioso, la maggior parte di origini campane, dediti a estorsioni, rapine, truffe e trasferimento fraudolento di valori, stabilmente insediati in zona. Ed ora hanno agito: 9 in carcere, 11 ai domiciliari, sospeso per due mesi un avvocato del Foro di Rimini. Il sodalizio aveva già messo mano su due noti nightclub, il Lady Godiva di Rimini e La Perla di Riccione, riconducibili a Francesco D'Agostino, già nel mirino della Finanza, che usava prestanome. Ora sequestrati, insieme ad automobili, moto, una quarantina di conti correnti e cassette di sicurezza, e 18 società sparse in Italia, ma in Riviera puntavano dritti al settore turistico, con ristoranti e alberghi, per un insediamento sempre più radicato.
I metodi erano cruenti: gli imprenditori vessati venivano convinti con pestaggi, inflitti anche in pieno giorno e in luoghi pubblici. A capo Mario Cavaliere, di Nettuno, detto Zio Mario, che disponeva di un pericoloso team di picchiatori pluripregiudicati, come Giuseppe Ripoli, già co-indagato nell'indagine Vulcano che aveva colpito il clan Vallefuoco. Anzi, con l'arresto di Vallefuoco si erano liberati spazi occupati proprio da Ripoli. E poi Massimiliano Romaniello, già parte dell'alleanza di Secondigliano, poi scissa, difatti amava presentarsi come uno dei secessionisti. I due avevano il controllo occulto della maggioranza delle quote delle società di gestione dei due nightclub. D'Agostino aveva convinto anche Francesco Laterza, titolare del ristorante riccionese “Moscabianca” a cedergli il Pos per far figurare gli introiti del night come provenienti dal ristorante: ora Laterza è l'unico accusato di riciclaggio. Nel video l'intervista al Colonello Luigi Grasso, comandante provinciale carabinieri Rimini

Francesca Biliotti

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