Canapa nei campi di San Marino, Ugraa: "Mai dato autorizzazione"
Il responsabile Tonino Ceccoli, da noi interpellato, spiega che il suo ufficio, per le due coltivazioni coinvolte, non ha mai dato autorizzazioni. C'è stato, invece, uno scambio di note con le forze dell'ordine dopo il quale, dice, potrebbe “non esserci stata una risposta ufficiale”. Tutte le piante passate sotto il controllo Ugraa erano di canapa “sativa”: quella utilizzata per produrre fibre, semi e farina e che ha un principio attivo inferiore allo 0,2%.
Ed è proprio su questo punto che nasce il confronto sulla normativa sammarinese. Secondo l'Ugraa questi vegetali si potrebbero coltivare, così come avviene in Europa e in Italia ma, spiega, gendarmeria e giudici sono del parere opposto. Il confronto in proposito è in corso. La legge di riferimento per gli esperti, in materia di stupefacenti, è la 139/97 che, afferma Ceccoli, non dice chi debba dare l'autorizzazione. L'ufficio si limita, quindi, a fornire dei pareri che sono poi trasmessi alle autorità.
La canapa sativa è diversa da quella sfruttata per produrre marijuana, sottolinea il responsabile Ugraa, e nel passato sul Titano era utilizzata. Si pensi ai mulini di Canepa, prosegue, dove le fibre erano lasciate a macerare in acqua. Ad oggi, spiega, potrebbero nascere complicazioni nella gestione dei derivati, ad esempio la canapa che hanno con sé gli idraulici, ma anche pantaloni, maglie, tessuti in genere e farine. “La legge andrebbe aggiornata”, commenta Ceccoli, anche per dare la possibilità agli agricoltori di sperimentare coltivazioni che si possono trovare appena fuori confine.
Mauro Torresi