Casalesi a San Marino: episodi di violenza ed intimidazioni
Francesco Agostinelli secondo le ricostruzioni dei pentiti Umberto e Salvatore Venosa, nel tempo era diventato l'uomo di fiducia per tutti gli affari sammarinesi dei clan, anzi veniva considerato la mente finanziaria delle varie operazioni tra Modena, San Marino, Rimini e aree limitrofe. Il cugino di Salvatore, Massimo Venosa, su richiesta di Agostinelli, aveva anche picchiato Antonio Di Fonzo, detto il Talebano, indicato nell'ordinanza come imprenditore di San Marino. Al pestaggio, avvenuto in un capannone del Titano, avrebbe assistito anche l'imprenditore sammarinese Michel Burgagni. Lo screzio tra Agostinelli e Di Fonzo sarebbe sorto perché quest'ultimo avrebbe raccontato in giro di aver fatto sesso sotto effetto di cocaina con Agostinelli e la moglie. Proprio ad Agostinelli si sarebbero rivolti anche Michel Burgagni e la moglie Elena Shchegoleva: navigavano in cattive acque, avevano debiti ingenti anche con Fincapital, e forse erano davvero convinti che Agostinelli potesse aiutarli. Invece subirono estorsioni, e non solo. Alla donna minacciarono di rapirle i figli e scioglierli nell'acido. Scoprirono di essere solo pedine utilizzate per ottenere merce costosa in vendita presso la boutique della donna e per infiltrarsi nella loro attività. Burgagni aveva raccolto anche le confidenze di Livio Bacciocchi, che gli aveva raccontato di essere stato picchiato dai fratelli Luciano, Luigi ed Ernesto, insieme con tale Giovannone, per costringerlo a firmare una scrittura privata con la quale si impegnava a versare loro 50mila euro al mese, per un totale di 600mila euro. Ma chi erano i fratelli Luciano? Un Luigi Luciano, a suo tempo, fu indicato anche come complice di colui che sparò a Giovanni Lentini nell'agguato di viale Ceccarini. Lentini, uomo della 'ndrangheta calabrese, poi si nascose a San Marino. Quando Burgagni iniziò a parlare coi carabinieri, Agostinelli disse che se la sarebbe vista coi calabresi, molto più pericolosi dei casalesi. Anche Vallefuoco si adopera per fare cortesie ai calabresi, come riferisce in più di una telefonata: “Almeno mi tengo qualche amico buono”, era stato il suo commento, che testimonia la presenza, in zona, di altri esponenti, coi quali era meglio non entrare in conflitto.
Francesca Biliotti
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