Conto Mazzini: Roberti a ruota libera “Non torno a San Marino, ho paura”
Ha lasciato la sua casa a San Marino e, subito, sono finite anche le lettere minatorie e le minacce, i fogli attaccati alla macchina con su scritto “devi morire”. “Finché tutta questa storia non sarà finita non ci metto più piede a San Marino – ci dice Giuseppe Roberti, già presidente della Banca commerciale sammarinese, la stessa dov'è stato ritrovato il conto “Mazzini” e da dove sarebbe partito il bonifico milionario diretto al Gruppo Mantovani, al centro dell'operazione “Chalet” - Andato via da San Marino, tutto è finito – aggiunge – Come si fa a vivere in un Paese così? Cos'avrei fatto di tanto grave? Non ho mai rotto le scatole alla gente onesta, andassero a vedere a chi le ho rotte”. E poi l'ispezione di Banca centrale, durata almeno 5 mesi, e il commissariamento dell'istituto che ormai va avanti da un anno e mezzo, con esiti ancora da conoscere: “Mi dicevano che l'unico problema ero io, e che una volta uscito dalla banca il commissariamento sarebbe stato evitato – dice Roberti – Invece no. Ora dicono che dobbiamo pagare i debiti della Banca commerciale, parliamo di milioni, ma nessuno spiega i motivi né di cosa siamo esattamente accusati. Quando hanno venduto la banca dovevano conoscere la situazione e l'ammontare del debito, se dopo ispezioni e commissariamento non la conoscono ancora, bisogna porsi qualche domanda”. Infine il famigerato conto “Mazzini”: “Mi ricordo di un libretto con questo nome, l'ho utilizzato anch'io, ma non posso sapere chi altri lo ha usato né di che cifre si parli. Ma se si fosse trattato di somme imponenti, di milioni, non sarebbe certo passate inosservate. Ho parlato di operatività regolare perché i libretti al portatore sono esistiti finché la legge lo ha permesso, poi sono stati tutti estinti, “Mazzini” compreso”.
Francseca Biliotti
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