Inchiesta Sopaf-Carisp: la Procura di Milano aveva già tracciato un primo percorso del denaro versato sui conti esteri
C'è un sottile filo rosso che collega il Tribunale di San Marino e la procura della Repubblica di Milano per il caso Sopaf-Cassa di Risparmio. Come anticipato ieri, il Commissario della Legge, Laura di Bona, ha aperto due tronconi d'indagine: il primo sulla plusvalenza delle azioni cedute da Sopaf al Gruppo Delta, sopravvalutate per oltre 35 milioni di euro, secondo il perito incaricato dal Tribunale. Si indaga per verificare le eventuali responsabilità per “amministrazione infedele”. Avvisi di garanzia sono stati inviati ai componenti del consiglio di amministrazione della Cassa alla data del 31 luglio 2009, quando fra Sopaf e Carisp è stato sottoscritto un accordo che avrebbe dovuto comporre “le controversie esistenti o potenziali relative a Delta SpA”, come si legge nel documento. La seconda tranche dell'indagine del commissario Di Bona, tende a ricostruire il percorso del denaro versato a Giorgio Magnoni, all'epoca referente di Sopaf, sia per le azioni acquistate e sia per quei 15 milioni di euro pagati per una insolita consulenza. Il filo rosso tra i due tribunali parte proprio da qui: l'indagine della procura di Milano, che ha portato all'arresto dei fratelli Magnoni e di altre 15 persone, fra cui un romagnolo residente a Meldola, ha avuto inizio grazie ad una richiesta di rogatoria del Tribunale sammarinese, per fare luce sulla “controversa cessione della partecipazione di Sopaf in Delta”, come scrive lo stesso magistrato milanese. Poi c'è l'attuale filone d'indagine sulla tracciabilità dei flussi di denaro. Il pubblico ministero, Gaetano Ruta, una prima verifica sul percorso di quei soldi l'aveva già effettuata. “Un enorme flusso di denaro – scrive nell'ordinanza – transitato dapprima su conti correnti accesi presso banche italiane e, successivamente trasferiti sui conti di società all'estero; dal Lussemburgo alla Svizzera.
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