Maxi indagine Guardia di Finanza di Roma, coinvolta anche San Marino
Sono in corso, sul territorio nazionale, perquisizioni e sequestri preventivi di beni per centinaia di milioni di euro (immobili, aziende e rapporti finanziari) nei confronti di 62 soggetti indagati. Utilizzo di fatture per operazioni inesistenti, bancarotta fraudolenta e riciclaggio alcuni dei reati contestati. I Finanzieri del Nucleo speciale di polizia valutaria stanno eseguendo un decreto di sequestro preventivo finalizzato alla confisca per oltre 100 milioni di euro, emesso dal giudice per le indagini preliminari di Roma, Valerio Savio, nei confronti di una associazione capeggiata e promossa dai titolari del cosiddetto gruppo Gesconet e composta appunto da 62 soggetti, attualmente indagati per i reati di associazione per delinquere, bancarotta fraudolenta, riciclaggio e reati tributari. L'operazione, denominata 'Miliardo', dalle prime ore di questa mattina ha visto svolgere numerose perquisizioni locali e domiciliari - nelle regioni Lazio, Lombardia, Piemonte, Veneto e Sardegna - finalizzate ad individuare e sottoporre a vincolo cautelare circa 90 immobili tra uffici, unità residenziali ed opifici, due aziende, nonché numerosi mandati fiduciari ed oltre 100 rapporti bancari. Le indagini, hanno consentito di accertare che le organizzazioni individuate risultavano specializzate nella sistematica evasione della riscossione di debiti tributari, mediante l'utilizzo di circa 250 società consortili e cooperative, operanti nei settori del trasporto, facchinaggio, pulizie e vigilanza privata.
Il meccanismo fraudolento utilizzato dal 2001 ad oggi consisteva generalmente nell'affidamento di servizi in subappalto a società cooperative appositamente costituite, da parte delle società consortili amministrate dagli indagati, che si aggiudicavano gli appalti sia da enti pubblici, sia da società private di rilevanza nazionale. Le società cooperative, a loro volta, mediante l'emissione di fatture per operazioni inesistenti - accertate dalle Fiamme gialle per circa 400 milioni di euro - accreditavano il denaro ricevuto ad ulteriori cooperative cosiddette 'finali', i cui conti venivano progressivamente svuotati mediante prelevamenti in contante, non giustificati da alcuna logica commerciale. Tale denaro veniva poi illecitamente distratto e veicolato, da parte dei responsabili delle organizzazioni, su conti correnti intestati a società fiduciarie di San Marino e del Lussemburgo, per il successivo reimpiego nel settore immobiliare. Le cooperative 'finali', quindi, dopo essere state così depauperate, venivano poste in liquidazione e sostituite da ulteriori società neocostituite, che ciclicamente subivano il medesimo iter di svuotamento ed abbandono. Questo sistema ha permesso ai capi dell'organizzazione - gli imprenditori romani Pierino Tulli e Maurizio Ladaga - di appropriarsi illecitamente, per circa 160 milioni di euro, del denaro distratto che, invece, sarebbe dovuto finire nelle casse dello Stato in ragione delle imposte dovute dalle imprese ad essi riconducibili.