Omicidio Covignano: il movente sessuale non convince gli inquirenti
Marco Zinnanti, accusato del delitto di Covignano, ha infarcito il suo interrogatorio di garanzia di "non ricordo". Per difendersi ha accusato la vittima di avances sessuali nei suoi confronti ma le parole del killer non convincono gli inquirenti. Confessa l'omicidio, ma dice che l'arma non è sua e contrattacca con la sua versione a sfondo sessuale. Convalidato il fermo, rimane in carcere, il 22enne riminese con l'accusa di omicidio pluriaggravato dalla premeditazione e dalla crudeltà. Nuove risposte sulla dinamica dei fatti verranno dall’esame sull’arma del delitto che il professore Pesaresi, medico legale dell’università di Ancona, sta facendo alla ricerca del dna. Si stanno delineando anche i ruoli di amici e familiari che hanno coperto la sua latitanza. Si è consegnato ai carabinieri il 28enne, ex fidanzato della sorella, che lo ha nascosto nel teramano fino all'arresto. La regia sarebbe dei genitori di Marco, che si sono organizzati per coprire il figlio. E sull'appartamento di via Teodorico, covo in cui erano nascosti armi droga e documenti falsi, il ragazzo ha detto che "non è roba sua" ma di "un soggetto pericoloso", come ha detto lui, dal quale riceve 2500 di stipendio al mese. La sorella, scoperta a ripulire la casa, ha invece negato di essere a conoscenza della presenza del chilo e 700 grammi di hashish così come delle armi e dei soldi. Assistita dallo stesso avvocato di Marco, Giuliano Renzi, ha ammesso di essere stata chiamata dai genitori per andare a prendere in quell’appartamento i documenti falsi del fratello e aiutarlo a scappare.
Valentina Antonioli