Processo Vulcano, Livio Bacciocchi: "Anni di minacce e violenze"
Il collegio guidato dal giudice Di Patria è entrato per ultimo in tribunale. Prima, alla spicciolata, sono giunti gli altri protagonisti del processo Vulcano, come il pm Enrico Cieri, scortato dalla gendarmeria. Parlava il teste d'eccezione, Livio Bacciocchi, che non può lasciare San Marino poiché ancora sotto ordine di custodia cautelare per l'Italia. Nella sua lunga deposizione ha dipinto se stesso come un uomo fortemente vessato dai personaggi malavitosi capitati per i motivi più diversi a Fincapital e Imm Capital. Come Francesco Agostinelli e Francesco Vallefuoco, dai quali riceveva minacce, violenze, intimidazioni, dal 2007 al 2010. Al punto che, ha detto, parlando di fase drammatica della sua vita, “quando arrivavo al mio studio, se notavo strani movimenti di uomini o automobili nei dintorni, andavo a lavorare altrove”. Motivo dell'accanimento? “Ogni volta che negavo finanziamenti al gruppo Zavoli compariva qualcuno a dissuadermi”, è stata la risposta. Ha ricordato che Agostinelli, a un certo punto interessato all'immobile di Fincapital tramite Magnolia Ristrutturazioni, società a lui riconducibile, si era presentato con Vallefuoco, già conosciuti da Bacciocchi, “rapporti sicuramente negativi – ha detto – non volevo ripeterli”. Aveva poi letto dalla stampa delle intimidazioni ai Lo Giudice avvenute a Fincapital. Lui stesso aveva ricevuto schiaffoni e minacce dai gruppi di Vallefuoco e di Agostinelli. Per cercare di liberarsi di quest'ultimo gli aveva lasciato la Ferrari Scaglietti e un ufficio intestato al Leasing Sammarinese. Alla domanda sul perché non abbia denunciato, Bacciocchi ha risposto di aver preparato una relazione a fine 2010, per gli avvocati Riccardo Agostini e Carlo Biagioli e predisporre così una denuncia contro i suoi aguzzini, ma poco dopo Fincapital fu commissariata, “ed abbiamo dovuto pensare ad altro”, ha concluso.
FB