Stupri Rimini, la Procura indaga per le "fake news" della rete
L'indagine, affidata alla polizia postale, parte dalla querela per diffamazione presentata da 2 dei 4 tunisini, completamente estranei ai fatti del 25 agosto a Rimini, ritratti in una foto segnaletica dopo un arresto per droga e spacciati per gli stupratori. Da quel che trapela, pare che due dei tunisini abbiano ricevuto pesanti minacce in carcere, a seguito della pubblicazione di quella falsa notizia. Il fascicolo potrebbe allargarsi ad altre bufale comparse in rete.
Mentre sarà sentito a breve dagli investigatori il pachistano, ex mediatore culturale di una cooperativa, indagato dalla Procura di Bologna per istigazione a delinquere dopo il post su Facebook all'indomani delle violenze sessuali di Rimini: "Lo stupro è peggio solo all'inizio", aveva scritto. Sulla vicenda è stato aperto un fascicolo dal procuratore aggiunto Valter Giovannini, coordinatore del pool '"fasce deboli". Intanto hanno suscitato polemiche le frasi a Matrix del padre dei due fratelli minorenni marocchini, accusati di far parte del gruppo di stupratori, ora in carcere: "Sono ragazzini, fra due-tre anni usciranno e per lavorare, si faranno una vita". "Ho letto le parole sui giornali - ha commentato il procuratore aggiunto Giovannini, interpellato sul punto - e credo che debbano far riflettere molto perché forse questa è la percezione che la gente ha del nostro sistema penale".