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Tribunale: accusata di offese via social a Segretario di Stato; donna assolta per insufficienza di prove

L'imputata, durante le indagini, aveva dichiarato di aver subito un hackeraggio. Nel processo si era costituita parte civile l'Eccellentissima Camera

11 ott 2023
Tribunale: accusata di offese via social a Segretario di Stato; donna assolta per insufficienza di prove

Sentenza che farà forse Giurisprudenza, in Repubblica, per vicende simili. In questo caso nei guai era finita una donna, il cui marito aveva peraltro avuto in altra Legislatura un incarico di Governo. Offesa all'onore di persone investite di poteri pubblici, l'accusa. Contestati 4 post su Facebook – fra settembre e dicembre 2020 – nei quali sarebbe stato preso di mira l'Esecutivo. Dichiarazioni ritenute oltraggiose, in particolare nei confronti del Segretario di Stato Lonfernini, pur mai citato esplicitamente; ma la cui riconoscibilità, ha sottolineato l'Avvocatura dello Stato, risultava chiara.

Senonché l'imputata – ha ricordato questa mattina un Ispettore della Polizia Civile – affermò durante l'interrogatorio di essere stata vittima di hackeraggio e di non aver mai scritto quelle cose.

E qui sta la particolarità del caso; perché fino ad ora, a San Marino – nei processi per presunte diffamazioni via social –, il confronto in Aula pare fosse tendenzialmente focalizzato sul merito; e non sull'”identità web” dell'accusato. Altro fatto significativo la mancanza – a quanto pare - di accertamenti tecnici sul profilo in questione, non più visibile dal 2021.

Fuori questione – per ovvi motivi – una collaborazione del colosso Meta. L'unico elemento, allora, che potesse effettivamente collegare il profilo facebook alla donna, erano le dichiarazioni di una conoscente di quest'ultima. Testimonianza che in dibattimento “si è in realtà sgretolata”, ha affermato la Difesa; che citando sentenze della Giustizia italiana ha sottolineato la necessità – in questi casi – di un'individuazione dell'indirizzo IP, del provider del servizio, e così via. Il PF dal canto suo aveva chiesto una condanna a 6 mesi di prigionia, ritenendo evidentemente provato – anche su base logica – il collegamento.

Non di questo avviso il Giudice Morsiani: che ha optato per un'assoluzione perché “non consta abbastanza” della colpevolezza.





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