Tribunale: nuova udienza per il Giudice per la Terza Istanza Penale

Protagonista della vicenda è un 67enne tarantino residente a Desio. Vincenzo Santoro aveva 180.000 euro, depositati presso un istituto di credito del Titano. I guai, per lui, erano arrivati nel 2016, quando aveva deciso di usufruire della voluntary disclosure, e trasferire la somma in Italia, su un conto intestato alla moglie. A stretto giro la segnalazione dell'AIF; giustificata non solo dai precedenti di Santoro, ma anche dalle versioni discordanti - circa la provenienza del denaro - rese in sede di adeguata verifica: in un'occasione avrebbe parlato, ad esempio, di vincite al casinò. Da qui l'avvio di un procedimento per riciclaggio - al momento ancora in fase istruttoria -, e il sequestro preventivo della somma, confermato anche in Appello. L'ultima chance per sbloccare quei 180.000 euro, era dunque il ricorso al Giudice per la Terza Istanza. I legali di Santoro, questa mattina, hanno contestato la legittimità della misura cautelare per una serie di motivi. Tra questi un presunto difetto di imputazione. Secondo la Difesa, infatti, la contestazione corretta sarebbe stata “possesso ingiustificato di valori”. “Non esiste il fumus commissi delicti – hanno detto gli avvocati di Santoro – perché quelle somme provenivano dal conto della moglie, e tutto era tracciato”. “La voluntary disclosure, inoltre – hanno aggiunto i legali – non può costituire continuazione del reato di riciclaggio”. Il Procuratore del Fisco, dal canto suo, ha invece ribadito la correttezza del sequestro, giudicando manifestamente infondata l'impugnazione. Il Giudice Lamberto Emiliani si è riservato di depositare la sentenza nei termini di legge.

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