12 dicembre 1913: ritrovata a Firenze "La Gioconda" di Leonardo
Il furto della Gioconda avvenne la notte tra domenica 20 e lunedì 21 agosto 1911, prima di un giorno di chiusura del museo; della sottrazione si accorse lunedì stesso un copista, Louis Béroud, che aveva avuto il permesso per riprodurre l'opera a porte chiuse. La notizia del furto fu ufficializzata solo il giorno dopo.
Tra i sospettati del furto, nomi illustri: il poeta francese Guillaume Apollinaire che venne arrestato, poiché aveva dichiarato di voler distruggere i capolavori di tutti i musei per far posto all'arte nuova. Il suo arresto si basava su una calunnia da parte dell'amante Honoré Géri Pieret, che lo accusò di aver ricettato alcune statuette antiche rubate dal museo. Anche Pablo Picasso venne interrogato in merito, ma, come Apollinaire, fu in seguito rilasciato. Sospetti caddero anche sull'Impero tedesco, nemico della Francia, ipotizzando un furto di Stato.
In realtà, un ex-impiegato del Louvre, Vincenzo Peruggia, originario di Dumenza, cittadina nei pressi di Luino, convinto che il dipinto appartenesse all'Italia e non dovesse quindi restare in Francia, lo aveva rubato con l'intenzione di "regalarlo all'Italia". Peruggia riteneva infatti, erroneamente, che l'opera fosse stata rubata durante le spoliazioni napoleoniche.
Ingenuamente, nel 1913 si recò a Firenze per rivendere l'opera per pochi spiccioli, ma dopo poco venne rintracciato e arrestato. Il ladro, processato, venne definito "mentalmente minorato" e condannato ad una pena di un anno e quindici giorni di prigione, poi ridotti a sette mesi e quindici giorni. La sua difesa si basò tutta sul patriottismo e suscitò qualche simpatia (si parlò di "peruggismo"). Egli stesso dichiarò di aver passato due anni "romantici" con la Gioconda appesa sul suo tavolo di cucina.