5 marzo 1922: nasce Pier Paolo Pasolini
Dopo una gioventù fatta di trasferimenti e difficoltà, nel 1950 si trasferisce con la madre a Roma. Nel 1953 lavora a un’antologia di poesia popolare per la casa editrice Guanda, e nel 1954 pubblica la sua raccolta di poesie in friulano, La meglio gioventù, con cui vince il premio “Giosuè Carducci”. Nello stesso anno collabora alla sceneggiatura del film La donna del fiume, avvicinandosi al cinema. Nel 1955 pubblica Ragazzi di vita, romanzo sulla vita dei ragazzi delle borgate romane, con cui è entrato in contatto dal suo arrivo nella capitale. Il libro ottiene un grande successo di pubblico, ma viene accusato di oscenità, a causa del tema della prostituzione maschile. Sempre nel 1955 Pasolini fonda la rivista “Officina”. Nel 1957 esce la raccolta di poemetti Le ceneri di Gramsci.
Nel 1959 Pasolini conclude Una vita violenta, un romanzo ancora una volta incentrato sui ragazzi delle borgate, con risvolti politici, il protagonista della storia si considera inizialmente fascista, in seguito si avvicina ai democristiani e poi al PCI . Negli anni ‘60 Pasolini passa al cinema: il suo esordio alla regia è il film Accattone (1961), Mamma Roma (1962), Il vangelo secondo Matteo (1964), Uccellacci e uccellini (1965), Edipo re (1967), Teorema (1968) e Medea (1969).
Nei primi anni ‘70 Pasolini si dedica al progetto cinematografico, chiamato “trittico della vita”, che comprende tre film: Il Decameron (1971), tratto dalle novelle di Boccaccio, I racconti di Canterbury (1972), tratti dall’opera di Chaucer, e infine Il fiore delle Mille e una notte (1974).
Dal 1973 Pasolini inizia a collaborare con il “Corriere della Sera”, con articoli di argomento politico e di costume, che verranno poi raccolti nel 1975 in Scritti corsari e nel postumo Lettere luterane (1976).
Nel 1975 realizza quello che sarà il suo ultimo e più discusso film, Salò o le 120 giornate di Sodoma.
Nella notte tra l'1 e il 2 novembre dello stesso anno, Pasolini fu ucciso in maniera brutale, in un delitto che ha molti lati oscuri. Dopo esser stato percosso, fu travolto con la sua stessa auto sulla spiaggia dell'Idroscalo di Ostia. Il cadavere massacrato venne ritrovato da una donna alle 6 e 30 circa; sarà l'amico Ninetto Davoli a riconoscerlo. Dell'omicidio fu incolpato Pino Pelosi di Guidonia, di diciassette anni, già noto alla polizia come ladro di auto e "ragazzo di vita", fermato la notte stessa alla guida dell'auto del Pasolini. La tragedia, secondo la sentenza, scaturì a seguito di una lite per pretese sessuali di Pasolini alle quali Pelosi era riluttante, degenerata in un alterco fuori dalla vettura. Il giovane venne minacciato con un bastone del quale poi si impadronì per percuotere Pasolini fino a farlo stramazzare al suolo, gravemente ferito ma ancora vivo. Quindi Pelosi salì a bordo dell'auto dello scrittore e travolse più volte con le ruote il corpo, sfondandogli la cassa toracica e provocandone la morte. L'allora diciasettenenne venne condannato in primo grado per omicidio volontario in concorso con ignoti e il 4 dicembre del 1976 con la sentenza della Corte d'Appello, pur confermando la condanna dell'unico imputato, riformava parzialmente la sentenza di primo grado escludendo ogni riferimento al concorso di altre persone nell'omicidio.Due settimane dopo il delitto apparve un'inchiesta su L'Europeo con un articolo di Oriana Fallaci, che ipotizzava una premeditazione e il concorso di almeno altre due persone.
Alberto Moravia scrisse alla morte di Pasolini « La sua fine è stata al tempo stesso simile alla sua opera e dissimile da lui. Simile perché egli ne aveva già descritto, nella sua opera, le modalità squallide e atroci, dissimile perché egli non era uno dei suoi personaggi, bensì una figura centrale della nostra cultura, un poeta che aveva segnato un'epoca, un regista geniale, un saggista inesauribile»