Cine Club: nelle sale della Repubblica "C'era una volta in Anatolia"

La sceneggiatura o meglio lo script, come si dice oggi, è basato sulle cronache vere di un medico legale testimone di storie simili a quella del film: omicidi ‘per allegria’ avvenuti dopo una sbornia tra amici con occultamento del cadavere e successivo risveglio tragico degli assassini che per ironia della sorte non ritrovano il corpo nascosto nelle steppe turche. Non si contano in nera negli anni -racconta il regista- i corpi nascosti in fondo ai pozzi o sotto gli scogli sulla costa addirittura nei famosi Camini delle Fate nel cuore dell’Anatolia. Usa bere e mangiar forte tra paesani in provincia con le conseguenze del caso… a volte.
Un procuratore che assomiglia a Clark Gable, un commissario e i suoi poliziotti, un medico, appunto, e due rei confessi (uno più confesso dell’altro…) girovagano per 2 ore e mezza circa, di notte, in lungo e in largo per la provincia anatolica a sfinire investigatori e spettatori.
La pellicola ha ritmi lenti ma fotografia e ambientazioni folgoranti da lasciare a bocca aperta (vedi la scene delle mele rotolanti nel ruscello): occhio al prologo altrimenti mica si capisce l’antefatto e soprattutto attenti all’epilogo dopo tante ore potrebbe sfuggire ‘qualcosina’ ma se si presta attenzione a dottore e procuratore si capisce perché i Francesi premiano un turco anche per la storia magari incompiuta e come dicevamo all’inizio non proprio tutta sua figlia della tragica quotidianità.

fz

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