Una cittadina sammarinese tra i deportati di Auschwitz
La Segreteria di Stato per l’istruzione e Cultura sta proseguendo - attraverso le attività di ricerca di Patrizia Di Luca, responsabile del Museo dell’Emigrante –Centro di ricerca sull’emigrazione - lo studio della protezione offerta dalla Repubblica di San Marino agli Ebrei durante la Seconda Guerra Mondiale. Da documenti recentemente individuati, emergono elementi finora sconosciuti che purtroppo dimostrano che anche una cittadina sammarinese ha subito le conseguenze delle persecuzioni razziali. E’ questo il caso di Frajda Fligelman, una giovane sarta ebrea nata a Varsavia il 16 dicembre 1919 e divenuta cittadina sammarinese in seguito al matrimonio contratto a Parigi nel luglio 1942 con cittadino sammarinese nato in Svizzera ed emigrato in Francia. Riziero Facchin, Console generale di San Marino in Francia, consapevole del rischio a cui era esposta un’ebrea polacca nella Parigi occupata dai nazisti, l’11 agosto 1942 richiede per la “connazionale” (così la definisce) Frajda Fligelman il passaporto sammarinese. Il 23 febbraio 1943 la Segreteria di Stato per gli Affari Esteri rilascia il passaporto richiesto, nonostante la Legge che proibisce l’unione di Sammarinesi con “persone di altra razza” e pur senza l’adeguata documentazione poiché la Fligelman non risulta essere iscritta al registro di stato civile, non essendo pervenuto l’atto di matrimonio, celebrato inoltre senza il necessario nulla osta sammarinese. Frajda Fligelman diviene dunque ufficialmente cittadina sammarinese, ma purtroppo l’appartenenza ad un Paese neutrale è una protezione insufficiente; viene infatti arrestata da soldati tedeschi di stanza a Parigi il 5 gennaio 1944 ed internata nel Campo di concentramento di Drancy, a pochi km dalla capitale francese. Alla voce “nazionalità” del certificato di internamento è scritto “sammarinese” ed il Console Facchin interviene presso il Comando tedesco al fine di ottenerne la liberazione. In un primo momento sembra decisa la revoca della deportazione, ma il 10 febbraio 1944 Frajda Fligelman Ciacci parte con il convoglio n.68 diretto ad Auschwitz. Il convoglio comprende 1500 internati; 1229 persone sono uccise immediatamente all’arrivo e si salveranno solo 27 uomini e 32 donne. Tra le sopravvissute anche Frajda Fligelman Ciacci, che dopo essere stata internata ad Auschwitz con il numero 75352, passerà a Berger, Gelenau e Mauthausen, da cui esce il 5 maggio 1945, giorno in cui Americani ed Inglesi liberano il campo. Frajda Ciacci torna a Parigi il 21 maggio 1945. Sul” Muro dei nomi” del Memorial de la Shoah di Parigi, tra i nomi di tutti i deportati dalla Francia, è scolpito anche nome e cognome di una cittadina sammarinese., Frajda Ciacci.
Il matrimonio potrebbe anche essere stato celebrato al solo fine di sottrarre la giovane Frajda alle persecuzioni razziali di cui erano già state vittime i genitori nel 1941; il matrimonio risulta infatti annullato con sentenza emessa dal Tribunale sammarinese nell’agosto 1952 Ulteriori ricerche approfondiranno alcuni aspetti di questa ricostruzione.