Drive: guida spericolata come elogio alla lentezza (delle inquadrature e sceneggiatura in 2 parti: piano ma non troppo)

Drive: guida spericolata come elogio alla lentezza (delle inquadrature e sceneggiatura in 2 parti: piano ma non troppo).
Un giovane meccanico venuto da lontano è un fenomeno alla guida, fa il garzone d'officina a Los Angeles finchè la malavita non lo coopta. Vive solo nell'anonimato ma la vicina lo intriga: è giovane donna, moglie con sguardi profondi che toccano dentro, un bimbo piccolo e un marito in galera. Il guidatore entra nel mondo degli stuntman agli Studios fa la controfigura e anche qualche rapina per arrotondare. D'improvviso torna Standard, il marito-padre-ex galeotto, che coinvolgerà Driver nell'ultima corsa verso l'oblio; tutto per salvare Irene (aìrìnn all'americana) e il figlioletto.
In sala il pubblico giovanile o giovanilista mugugna anche alla proiezione per famiglie mentre a sera gli "slow", sguardi accattivanti, piani lunghi e assenze di dialoghi nel primo tempo, sostituiti dall'azione violenta sempre lenta nel secondo, scatenano urla e rabbia con schiamazzi da stadio in chi vuole il film d'azione sanguinolento col finale "a morire" lentissimo quasi un insulto: qualche facinoroso esce al buio altri chiaccherano come fossero a casa davanti a un dvd; fine del cinema e morte (del patos: cuore e fegato!) in sala.
Però alla fine c'è sempre un però per chi paga il biglietto almeno in gusto dell'inseguimento... che alla fine c'è ma contromano e a marciaindietro, puntatacco, arresto (frenamano), stop: lento veramente lento perciò bello.

fz

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