Nei cinema il film di Avati “Il cuore grande delle ragazze”

Nei cinema il film di Avati “Il cuore grande delle ragazze”.
Il maestro Pupi ci ricorda, e ce n’è proprio bisogno! come si fa un film vero senza tanti fronzoli dirigendo chiunque gli ricordi di essere vivo; come ai tempi di Nick Novecento. Si ascoltano gli altri in penombra sprofondati giù dentro la poltronciona di pelle nera si sentono le persone (cuori e odori a volte solitudini -lassù in fila N numero 1 o 21: donna o uomo: non necessariamente anziani- vuoti come i nostri, abbandoni o assenze (di tutti noi) temprati sin dalla nascita eppure pause gaie, allegre quotidianità reversibili!?) e si pensa a se stessi aspettando quel singolo unico momento fatto di barlumi di: memoria, silenzio, respiro, stanchezza e dolore, di un giorno passato (ancora) a vivere… e lì scende la penombra: si abbassano le luci, fioche come di candela. Quell’istante è il cinema, l’aspettativa che la proiezione crea, il film si materializza in quel raggio verde che dal buio pesto fa il film. Pupi Avati é il regista immancabile di quel momento, lo riempie subito, con una storia narrata che continua… e anche questa volta ha vinto lui con “Il cuore grande delle ragazze” ha occupato il nulla con l’amore: il suo; ammirevole, oggi, appunto.
Trai i due tempi, come al cinema dell’oratorio la domenica, ci si muove un poco stancamente per accalappiare spezzoni di vite, monconi di chiacchiere in forma di racconti brevi: lì, abbiamo captato la storia di una nipote, figlia della sorella con dei cugini maschi di una protagonista del film: una delle due sorelle brutte da maritare, ma non vi diciamo quale: una di quelle che Carlino-Creminini dovrebbe scegliere; e invece ne impalma una terza sorellastra romanaccia da far innamorare tutteddue (attaccato/e). La parente in sala ha sciorinato tratti e profili casalinghi della zia che il cinefago-cronista non ha ‘voluto’ fare a meno di memorizzare:- “ ma no! Non è così la zia è strana, diversa non c’entra niente col personaggio della scemetta zitellona trasognata, è tutta un’altra cosa difficile da trattare a volte scontrosa e poco socievole con noi parenti: irriconoscibile, vedessi…” - diceva all’amico seduto vicino: entrambi parlavano con accento di Roma come la sorellastra del film!!!
Magia di Avati, appunto, creare caratteri e personaggi a suo piacimento con o senza veri attori.
C’è una frase nella pellicola che entusiasma e fa pensare, la dice Francesca credendo di aver perso lo sposo per amore: “è morto per suicidio di sé stesso!?”, rivolgendosi a 3 suore incontrate sul treno. La sera stessa ho telefonato al maestro Pupi Avati, ringraziandolo, dicendogli che la frase fulminea in questione “m’ammazzato!”: e lui non ha risposto (anzi ha replicato col silenzio) lasciandomi azzittito e solo al buio…

fz

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