Fu il vescovo Bergamaschi a volerlo. Dalle chiese sconsacrate o in disuso della intera diocesi un inestimabile patrimonio d’arte e cultura fruibile, in un museo, al riparo da intemperie e vandalismi: il problema era la piaga delle razzie di suppellettili, paramenti e oggetti sacri per non parlare delle opere pittoriche e scultoree, sottratte alla chiesa e alla collettività. Oggi con l’inaugurazione e la riapertura non si parla più di pura conservazione del passato ma di uno strumento vivo di testimonianza pastorale: vero recupero della tradizione cristiana e della cultura di un popolo. Inizia il riordino del museo nel suo riassetto architettonico. 15 sale su 3 livelli lungo corridoi a vetrina: Benedetto Coda, Giovan Francesco da Rimini e Cagnacci sono il 20% del patrimonio totale della chiesa locale; non mancano collezioni sacre di preziosi, argenterie e maioliche. La fase di ripulitura e restauro continua per il progressivo allestimento degli spazi museali. E’ Il luogo dove vive la memoria: l’arte religiosa e quella sacra, che si serve degli oggetti ancora liturgicamente utili, fanno del museo un organismo vivo. Ricordo e memoria si compenetrano, la seconda, esiste per sempre. Edificio e opere “riconsegnati” al pubblico, dopo tanti anni, con un gesto di consapevole gratuità della diocesi rivolto a tutti.
Francesco Zingrillo
Francesco Zingrillo
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