Non un cantautore comune, ma un poeta, “disobbediente alle leggi del branco” e sempre vicino “a chi viaggia in direzione ostinata e contraria”. Le canzoni di Fabrizio De Andrè raccontano storie di emarginati, ribelli, prostitute; la sua lingua è quella parlata da sofferenti, soli, esclusi, pronta a frustare perbenisti dalla cattiva coscienza. Artista sensibile, uomo di grande giustizia e pietà. Indimenticato e indimenticabile. Ha cantato anche la Riviera romagnola, dedicandole uno straordinario album nel ‘78. Rimini gli è ancor oggi grata, tanto che ha deciso - a dieci anni dalla sua morte - di intitolandogli una via in zona Sacramora. Via Fabrizio De Andrè. Quante strade, piazze, parchi, biblioteche e scuole portano il suo nome in Italia. Un omaggio all’arte di quello che è stato definito un poeta anarchico. Ma anche, forse, un atto simbolico contro l’esclusione, l’emarginazione, la sofferenza. Perché Fabrizio era quello che cantava, per una società libera e giusta.
Monica Fabbri
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