A Roma la mostra sul Dna: da Mendel all'ingegneria genetica
Raccontare l'invisibile. Questa la sfida lanciata dalla mostra Dna: narrare ciò che è racchiuso nelle cellule, le “letterine” che compongono un lunghissimo filamento, e che nell'esposizione sembrano “Matrix”, un codice lineare di lettere nascoste. La storia inizia nella metà dell'800 con un genio misconosciuto, Gregor Mendel, che comprende e scrive le leggi dell'ereditarietà ma nessuno lo ascolta. Servirà un secolo di attesa, passando anche per i deliri dell'eugenetica.
Il Dna, come si è poi scoperto, è fatto di materia, i geni sono pezzi di materia tridimensionali che interagiscono col resto della cellula e dell'ambiente. Da qui si arriva alla clonazione, che ha già 20 anni come la pecora Dolly, e che serve soprattutto per curare e guarire. Il Dna oggi è comunemente utilizzato anche dalla polizia scientifica, che trova le prove molecolari sulla scena del delitto. Infine l'ingegneria genetica, un futuro che è già tra noi, dopo decenni in cui le letterine venivano lette e messe in sequenza, ora si può riscrivere il codice, correggerlo e reimpiantarlo. Di qui a poco si farà il copia e incolla del Dna, si costruiranno organismi sintetici, con genoma sintetizzato: fino a poco tempo fantascienza, oggi quasi realtà.
Francesca Biliotti