SACRO GRA: vite 'sante' sul raccordo anulare
La pellicola di Gianfranco Rosi -quasi omonimo del mitico Franco di Napoli- premiata da Bertolucci e amata dalla critica straniera (meno da quella nostrana o dai cineasti di casa) girata con maestria, montata anche, ha qualcosa d'inquietante. Mi spiego: non si fa 'mangiare' d'un fiato e tantomeno 'digerire' facilmente; sono i protagonisti asciutti e angusti a infastidire. Veri o falsi. Credibili o iperbolici gridano vendetta per le generazioni di attori e doppiatori italiani che hanno costruito il cinematografo moderno del Belpaese: quello di Avati oggi o di Fellini ieri: in mezzo c'è tanta commediola e cinema sperimentale italico da confondersi...
Il SACRO GRA ha un bellissimo titolo (forse solo quello) e dei bei titoli di testa trascurati al punto giusto da essere trasandati ma sopratutto ci lascia con una domanda da alka seltzer (Digestivo Antonetto/Magnesia Bisurata magari aromatic): TANTO VERO DA RISULTARE FINTO o BEN FINTO AL PUNTO GIUSTO DA RISULTARE VERO?!
Io “non lo riconosco più!..." ma me lo sono 'pappato' ovvero “maggnato” tutto il 'docufilmaudiovisivo' di 93 minuti con canzone sonora d'epoca di coda: del giovane Dalla (occhio a cosa dice).
fz