Il porto francese di rimpetto all’isola degli inglesi è un ambiente proletario per forza: nolente o volente… tutti pescatori anziani o padri di mezza età a lavorare soli in mare mentre i giovani a Parigi a cercar fortuna: come nel secolo scorso o in pieno ottocento; non cambia nulla per l’oracolo Kaurismaki.
Il profugo protagonista sfuggito alle guardie, clandestino a Le Havre, è per l’appunto un giovanissimo africano immigrato che piomba in un mondo di povera gente anziana senza futuro: o senza destino? Lui, salvato, sfamato lavato vestito, protetto e nascosto alle autorità da un lustrascarpe di nome Marx… dalla moglie malata di cancro, dalla panettiera delle baguettes sottobraccio, dal fruttivendolo vecchio con la consorte troppo giovane: surreali e iperrealisti anche causa i dialoghi ‘stirati’ e stucchevoli volutamente finti: da recitare sorridendo -ogni frase drammatica deve avere un sottotesto comico, et voilà: la scena diventa così strana da risultare reale.
Si può pensare lungo il prosieguo della storia (consecutio temporis alla De Sica neo-sur-iperrrealista!?) che il racconto cammini sulle scarpe da lucidare: i protagonisti scorrono i piedi dei passanti e fra le calzature moderne da ginnastica indicano esagerando la scarpa di pelle da ricco: poche a dire il vero quelle lucidabili, lucidate e strofinate (come la lampada) davvero; ma a fine giornata MARX porta a casa parecchi soldi come per miracolo… sempre troppi per uno sciuscià francese anziano ex bohemien prodigio progressivo nascosto si riempie la scatola di latta -cassaforte di casa- di soldini veri atti alla drammaturgia del film: lui viaggia, paga, compra e sfama con la lampada magica quasi fosse Aldino in Normandia; meno realista di così solo Bunuel (sempre con le dieresi franco-tedesche,sulla enne, stavolta).
Intanto i miracoli li fa il Signore e non i santi, Gesù mediato da uomini e donne giusti, che in nome di Dio: guariscono, fanno scomparire le malattie come il cancro senza lasciare strascichi di genere, d’emblé: immediatamente senza una spiegazione razionale - come dice il medico di famiglia nella scena d’ospedale rivolto alla signora Marx - “c’è sempre speranza, bisogna averla comunque…”.
Allora chi li fa i miracoli? La guarigione o il ciliegio fiorito rientrano nel film come la Bibbia e il Discorso della Montagna parlando di poveri in spirito e pastori… guardando s’impara anche in sala cinematografica riminese d’autore: Settebello down town vicino la stazione ferroviaria: per noi il miracolo lo fa Kaurismaki utilizzando le mani nere così chiare sui palmi di un bambino d’Africa in partenza per Londra da Le Havre: clandestino o profugo? Migrante o immigrato? Ospite o malvivente? ‘Piccolo’ secondo Cristo: vedere per credere… al cine.
fz
Il profugo protagonista sfuggito alle guardie, clandestino a Le Havre, è per l’appunto un giovanissimo africano immigrato che piomba in un mondo di povera gente anziana senza futuro: o senza destino? Lui, salvato, sfamato lavato vestito, protetto e nascosto alle autorità da un lustrascarpe di nome Marx… dalla moglie malata di cancro, dalla panettiera delle baguettes sottobraccio, dal fruttivendolo vecchio con la consorte troppo giovane: surreali e iperrealisti anche causa i dialoghi ‘stirati’ e stucchevoli volutamente finti: da recitare sorridendo -ogni frase drammatica deve avere un sottotesto comico, et voilà: la scena diventa così strana da risultare reale.
Si può pensare lungo il prosieguo della storia (consecutio temporis alla De Sica neo-sur-iperrrealista!?) che il racconto cammini sulle scarpe da lucidare: i protagonisti scorrono i piedi dei passanti e fra le calzature moderne da ginnastica indicano esagerando la scarpa di pelle da ricco: poche a dire il vero quelle lucidabili, lucidate e strofinate (come la lampada) davvero; ma a fine giornata MARX porta a casa parecchi soldi come per miracolo… sempre troppi per uno sciuscià francese anziano ex bohemien prodigio progressivo nascosto si riempie la scatola di latta -cassaforte di casa- di soldini veri atti alla drammaturgia del film: lui viaggia, paga, compra e sfama con la lampada magica quasi fosse Aldino in Normandia; meno realista di così solo Bunuel (sempre con le dieresi franco-tedesche,sulla enne, stavolta).
Intanto i miracoli li fa il Signore e non i santi, Gesù mediato da uomini e donne giusti, che in nome di Dio: guariscono, fanno scomparire le malattie come il cancro senza lasciare strascichi di genere, d’emblé: immediatamente senza una spiegazione razionale - come dice il medico di famiglia nella scena d’ospedale rivolto alla signora Marx - “c’è sempre speranza, bisogna averla comunque…”.
Allora chi li fa i miracoli? La guarigione o il ciliegio fiorito rientrano nel film come la Bibbia e il Discorso della Montagna parlando di poveri in spirito e pastori… guardando s’impara anche in sala cinematografica riminese d’autore: Settebello down town vicino la stazione ferroviaria: per noi il miracolo lo fa Kaurismaki utilizzando le mani nere così chiare sui palmi di un bambino d’Africa in partenza per Londra da Le Havre: clandestino o profugo? Migrante o immigrato? Ospite o malvivente? ‘Piccolo’ secondo Cristo: vedere per credere… al cine.
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