"Solidarity Express": continua il viaggio verso Danzica
La Polonia ferita che racconta il proprio sofferente passato e ne rende partecipe tutta l'Europa. Come la "Sonderaktion Krakau", 186 professori dell'Università di Cracovia, l'intera intellighenzia polacca, deportati nei campi di concentramento di Dacau e Sachsenhausen .
La Polonia è il paese che più di ogni altro ha pagato per la pazzia tedesca e che guarda avanti, oltre la dignità calpestata dalla violenza della storia. "I polacchi non hanno la vendetta nel sangue. Abbiamo combattuto solo per la nostra indipendenza" sono le parole del veterano della Rivolta di Varsavia del 1944 Bogdan R. Horoszowski. Ma sei milioni di morti, di cui 3 milioni di ebrei, il 16% della popolazione dell'allora Polonia non si devono dimenticare, testimone ne è la costruzione di un museo, un altro ancora, nel ghetto di Varsavia. Dove mentre gli ebrei soffocavano nei bunker incendiati dalle SS, le truppe russe stanziate al di là della Vistola se ne stavano ferme a guardare il massacro del ghetto e la distruzione della città.
Azioni, scelte che hanno condizionato tutta la storia europea del secondo dopoguerra fino al crollo del muro di Berlino. Ma il Ghetto simbolo del popolo cancellato dalla Polonia rientra nella storia dopo averla fatta. 1970, l'allora Cancelliere della Germania Ovest in visita ufficiale a Varsavia Willi Brandt si inginocchia davanti al Memoriale delle Vittime. Un gesto spontaneo di fratellanza con l'altra Germania, un tentativo di distensione, messaggio di pace oltre la Cortina di Ferro di chi vuole fare i conti con il proprio passato, costi quello che costi.
Varsavia e il suo Ghetto sono una ferita aperta che coinvolge ancora e che lascia nelle mani di giovani generazioni senza colpe la costruzione di un futuro di consapevole fratellanza.