L'Università Il Sorriso propone un affondo sull'evangilizzazione dei Cappuccini in Tibet
Come missionari furono scelti i frati Cappuccini della provincia delle Marche. Fu così che, per tutta la prima metà del ‘700, frati provenienti da città e paesini marchigiani si avvicendarono ai confini del mondo allora conosciuto per incontrare genti di religioni, usi e costumi diversissimi tra loro, dopo un viaggio che poteva durare anni su navi transoceaniche che giungevano in Bengala, dopodiché occorrevano ancora 2 mesi di cammino per attraversare la catena himalayana e approdare finalmente a Lhasa in Tibet.
La storia di fra Orazio da Pennabilli, che i tibetani chiamavano “lama dalla mente bianca” (pura), con i suoi trentatré anni complessivi come missionario in Tibet, riassume nella sua persona e nella sua opera l’ “avventura” vissuta dai missionari cristiani in Tibet.
Lasciare la terra d’origine, le abitudini e le certezze, per seguire la propria meta in condizioni estreme, di certo richiese oltre al coraggio tanta determinazione.
La sua storia e la sua vita rappresentano un bell’esempio di rapporto pacifico e di rispetto tra religioni e culture diverse, indicando la strada da percorrere con un anticipo di quasi trecento anni.
Lettera del 7° Dalai Lama a padre Orazio Olivieri da Pennabilli
23 luglio 1733
"Non poco è stato il piacere e la consolazione che ci ha dato la tua lettera, la notizia della tua buona salute e la sciarpa che ci hai inviato o Lama Orazio che possiedi tutte le virtù e un cuore d'oro. Noi siamo in buona salute e sentiamo un grande dispiacere leggendo la tua lettera perché ci ricorda una volta ancora che hai lasciato il nostro regno; ma bada a te stesso ed al tuo viaggio e ricorda che il nostro cuore è unito al tuo. … Sebbene tu vada molto lontano nella tua terra non dimenticarti mai di noi. Stanno impressi nel nostro cuore tutti i discorsi che ci hai fatto con grande amore della tua religione e la lettura del tuo libro ci ha dato grande soddisfazione."
Comunicato stampa Asset Banca