55 anni fa moriva Giuseppe Di Vittorio, leader della CGIL dal 1945 al 1957
Impegnato nella lotta antifascista sia a livello politico che sindacale, condannato al carcere dal regime di Mussolini, riuscì a fuggire e diventò in clandestinità uno dei grandi tessitori del sindacato unitario. Nel 1945, avvenuta la liberazione, fu eletto Segretario Generale della CGIL, che all’epoca era il sindacato unitario che racchiudeva tutte le principali componenti democratiche del sindacalismo italiano.
Tra i grandi meriti di Giuseppe Di Vittorio, quello di aver rappresentato le istanze sociali dei lavoratori, in particolare degli operai e dei contadini, e dei cittadini più deboli, per l’affermazione della dignità del lavoro e l’emancipazione dei lavoratori, in una società dove la divisione tra classi sociali era molto forte, e la povertà era la condizione che colpiva buona parte della popolazione italiana.
Grande è stato il suo impegno per la ricostruzione, faticosa e contrastata, di un sindacalismo non corporativo, non subordinato ai partiti ma capace di dialogare con loro in ragione della propria autonomia politica e culturale. Autonomia politica che si espresse anche con la ferma condanna, da parte di Di Vittorio e di tutta la CGIL , dell’invasione sovietica in Ungheria nel 1956.
Al contempo è stato un tenace assertore del valore dell'unità sindacale, nella consapevolezza della portata che il processo unitario poteva avere per rimettere in piedi un paese che usciva devastato dalle macerie della guerra e per la difesa dei valori della Costituzione italiana.
Comunicato stampa CSdL