Ammanchi nei contributi ISS, CSdL: "Le aziende decotte vanno fermate prima che il buco diventi enorme"
L’alternativa è stabilire che il capitale sociale deve essere realmente disponibile e proporzionato al giro d’affari dell’impresa
Oggetto di una interpellanza e di un progetto di legge, anche negli ultimi tempi è stato riproposto pubblicamene il problema degli ammanchi nei contributi ISS, per un importo che sarebbe pari a 15 milioni di euro, di cui un terzo nella gestione separata. Il tema è stato al centro dell'ultima puntata di "CSdL Informa".
Gli ammanchi, specifica Merlini, sono pari a circa un milione all'anno, su un totale di entrate pari a circa 140 milioni annui, di cui 126 nel Fondo lavoratori dipendenti. Si tratta di cifre considerevoli in valore assoluto, ma non in rapporto al bilancio complessivo. Le norme si possono e si devono migliorare per rendere più veloce ed efficace l'attività di recupero da parte di Banca Centrale. Può succedere, spiega il segretario generale, che un'azienda non paghi i contributi all'ISS per 5-6 mesi perché è in difficoltà e concordi una rateizzazione.
Ma se un'azienda non versa i contributi per un periodo molto più lungo, anche tre anni, è ancora attiva e non ha garanzie da porre, che senso ha che continui ad operare? Il nostro ordinamento dovrebbe prevedere un limite oltre il quale le aziende inadempienti non possono andare. E questo compete a chi ha il ruolo di esecutore dello Stato nel recupero delle somme spettanti all'ISS: una volta valutato che i crediti non sono esigibili da parte di determinate imprese, queste vanno fermate.
Le aziende 'decotte', o furbe, vanno fermate prima che il buco diventi enorme. L’alternativa è stabilire che il capitale sociale deve essere realmente disponibile e proporzionato al giro d’affari dell’impresa.
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