Il Governo conferma la volontà di privatizzare la Centrale del Latte. Allo studio le soluzioni possibili per un passaggio di proprietà che garantisca posti di lavoro, tipicità del prodotto e managerialità. Quello della privatizzazione non è un discorso nuovo per la Centrale del Latte; da qualche anno, infatti, il tema della sua cessione torna alla ribalta e ancora una volta l’esecutivo ribadisce la volontà di passare la mano e cedere per intero la gestione dello stabilimento di Cà Martino. 17 dipendenti, un utile di gestione previsto per il 2004 di quasi 27 mila euro, la Centrale del Latte ha un bilancio di gestione attivo, con un totale di entrate di circa 2 milioni e 610 mila euro e costi che si attestano intorno ai 2 milioni e 582 mila euro. I suoi prodotti sono rigorosamente tipici, da latte raccolto negli allevamenti della Repubblica, un marchio che negli anni si è conquistato una collocazione sul mercato non solo locale. La struttura però non può continuare a produrre nelle condizioni attuali; urgono interventi migliorativi sia sul piano tecnologico che strutturale, adeguamenti nella rete di distribuzione e vendita, nella dotazione del personale. Soluzioni previste anche dal Consiglio di Amministrazione dell’Azienda, che fra le varie ipotesi di cessione vedrebbe di buon grado anche quella di una compartecipazione degli stessi dipendenti, magari degli allevatori del Titano, con una quota in carico allo Stato. Una sorta di cooperativa con capitale misto. Ma questa è solo una delle ipotesi sulle quali il ragionamento è aperto. Il governo, che ha nominato una delegazione incaricata di sondare le soluzioni percorribili, pone alcuni vincoli precisi: che siano rispettati gli assetti occupazionali, che si continui a ritirare dagli allevatori tutto il prodotto alle condizioni attuali, che si continui ad utilizzare lo stesso marchio e si garantisca la tipicità del prodotto, considerata anche la sua valenza promozionale della Repubblica. Infine che sia assicurata una gestione manageriale della Centrale. Impegni fondamentali che gli eventuali acquirenti dovranno sottoscrivere. La prima direzione nella quale si ha intenzione di guardare è quella interna, alla ricerca cioè di imprenditori sammarinesi interessati ad acquisire l’azienda; diversamente ci si potrebbe orientare anche verso investitori stranieri, a patto che garantiscano il rispetto degli obblighi indicati e che si impegnino a conservare la permanenza sul territorio dell’intera lavorazione. Se anche questa possibilità risultasse vana, allora potrebbero vagliarsi altre eventualità, compresa quella della partecipazione diretta degli stessi dipendenti.
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