Prima di abbandonare l'Assemblea dei soci, chiamata a trattare la sua liquidazione, Renato Clarizia racconta l'incontro del 17 luglio, con il Comitato per il Credito e il Risparmio. Si era appena dimesso Giannini e, pochi giorni dopo, il Consiglio avrebbe discusso proprio di Banca Centrale. Per togliere tutti dall'imbarazzo, scrive, mi sono dimesso anche se non ero toccato da provvedimenti della magistratura. Le condizioni erano due: l'uscita di scena dal 1 agosto e il pagamento dell'intero compenso – così come è stato per il direttore generale – fino alla naturale scadenza del 15 dicembre. Tutti d'accordo, sottolinea: Capicchioni, Valentini, Mularoni, Arzilli e Mussoni. Il giorno fissato per l'Assemblea, il 15 luglio, il Segretario alle finanze comunica che il Congresso di Stato aveva deciso di riconoscere il compenso solo fino alla fine dei luglio. Chiedo, sottolinea Clarizia, se questa era stata anche la posizione dei membri di governo presenti alla riunione di giugno. Si, è la risposta, ad eccezione di Capicchioni e Valentini. L'ex Presidente di Banca Centrale scrive ai Segretari di Stato per ricordare il loro impegno. Nessuna risposta, sottolinea, ad esclusione dei Segretari di Stato alle finanze e agli esteri. E' stata una trappola? chiede Clarizia. Dilettantismo politico? Ulteriore manifestazione di inaffidabilità personale e scarsa correttezza politica? Più della beffa economica - a cui sottolinea di essere già abituato con i provvedimenti di spending review che hanno riguardato solo lui e pochi altri – puntualizza - con un taglio di circa cinquantamila euro l’anno, duole il mancato rispetto dell'altrui persona. “La politica sammarinese dà un esempio di scarsa affidabilità, poca trasparenza e lealtà, accusa. Oppure ha ottenuto il risultato che voleva raggirandomi sul profilo economico? Sono stato ingenuo credendo che un impegno preso tra vertici politici e un’importante Istituzione quale Banca Centrale sarebbe stato mantenuto? Non c’è possibilità, conclude Clarizia, che interlocutori stranieri possano avere fiducia in un Paese i cui vertici politici si comportano in questo modo. Ma evidentemente non è questo che preoccupa e il cammino virtuoso intrapreso ha oggi un arresto evidente!
Sonia Tura
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