Per il sindacato lo stato di agitazione proclamato dagli imprenditori è una provocazione che non avrà ripercussioni sul negoziato. “Parliamo di cose serie”, è l’invito – ironico – di qualcuno. Si cerca l’equilibrio tra le diverse priorità. La Cdls vuole proteggere le retribuzioni; la csdl non cede su: aumento dell’orario di lavoro settimanale, durata del contratto e previsione di contratti in deroga. Il segretario della Cdls Marco Tura è ottimista. Spera solo che qualcuno – una volta seduto al tavolo – non rimescoli le carte. Ma ci sono margini di discussione? “Abbiamo fatto passi da gigante nei confronti dell’aumento del lavoro e della flessibilità” – dichiara il segretario della Csdl Giuliano Tamagnini. Passare dalle 37 ore attuali a 39 è una concessione che però non può essere illimitata nel tempo. La Csdl dice sì ad un contratto più lungo, ma che non superi i cinque/ sei anni. Al termine del quale tutto dovrà tornare come prima. L’anis, dal canto suo, è pronta a valutare tutte le possibilità. Aveva chiesto 40 ore, ma pare pronta a scendere a 39. Non le piace, invece, partire già da oggi con l’idea che a termine contratto si tornerà indietro. “Non è una crisi passeggera – spiega il presidente Paolo Rondelli (foto) - anche i contratti dovranno adeguarsi a questa nuova situazione”. Rondelli si dice comunque fiducioso. “È da tre anni che ne parliamo – commenta - ormai i tempi sono maturi”.
Monica Fabbri
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