Cassa integrazione, mobilità, sospensioni; una fotografia dettagliata degli ammortizzatori sociali usati dalle aziende nella provincia riminese. A presentarla è Graziano Urbinati, della segreteria Confederale, e Corrado Pacassoni, del centro studi ricerche Cgil. E’ un percorso determinato da presupposti economici finanziari e speculativi e dalla presenza, sul mercato, di nuove competitori che hanno messo in crisi aziende non troppo solide o innovative e provocato l’espulsione di centinaia di lavoratori. I dati Inps confermano, è stato sottolineato, le difficoltà finanziarie e gestionali delle imprese. Pur evidenziando una diminuzione del 23% della cassa integrazione guadagni nel 1° semestre 2006, sul piano complessivo l’analisi dei settori desta preoccupazione. Si registra infatti un aumento nel tessile abbigliamento, + 62%, nella carta e poligrafiche, dove le ore di lavoro perse sono state circa 13 mila, e nella meccanica con poco meno di 7000. E sempre nel tessile la percentuale di cassa integrazione tra i colletti bianchi sfiora il 35%. Anche i dati relativi alle trattative sindacali per la messa in mobilità indicano una dinamica poco favorevole per l’economia della provincia nei primi sei mesi. 306 i licenziamenti con un incremento del 48,54% rispetto al 2005 e del 175,68% se si considera il 2004. Lieve flessione nell’artigianato. 63 i dipendenti sospesi. Ma le dinamiche di questo settore, sottolinea la Cgil, vanno lette sul medio periodo. La produzione e il fatturato, che risultavano in calo all’inizio del 2003, nell’ultimo trimestre del 2005 e nel primo del 2006 hanno registrato una timida ripresa. Nel triennio considerato, 640 le imprese artigiane manifatturiere che hanno chiuso i battenti e, considerando che nel riminese il settore incide per il 77.34%, si presume, sottolinea il sindacato, che abbia pagato un pesante tributo.
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