Csu: 8 Marzo, il 65,60% dei disoccupati a San Marino è donna
Solo il lavoro, tutelato e regolare, può assicurare alle donne la possibilità di raggiungere una condizione di autonomia e autodeterminazione, per superare finalmente ogni forma di disparità e di discriminazione sociale. Gli ultimi dati sulla disoccupazione, testimoniano il progressivo aggravamento del fenomeno. La disoccupazione è sempre più donna. Secondo dati dell'Ufficio Statistica, al 31 dicembre 2014 i disoccupati totali erano 1.596, di cui 1.047 donne. In percentuale, le donne rappresentano il 65,60% dei disoccupati a San Marino. Nei primi mesi del 2015 il numero dei disoccupati è ulteriormente aumentato.
A peggiorare le cose vi è anche il fatto che quel sistema che, attraverso le graduatorie, prima assicurava giustamente una priorità nella collocazione alle persone in condizioni familiari e di reddito più difficili, è stato del tutto smantellato con il decreto n. 156 del 2011, che ha del tutto liberalizzato le assunzioni a qualsiasi livello, vanificando completamente la funzione delle stesse graduatorie. Una misura che penalizza ancor di più le donne, che in molti casi si trovano in famiglie da sole con i figli da mantenere.
Oltre a ciò, in nome di una flessibilità sempre più sfrenata, è stato portato a 18 mesi il periodo in cui qualsiasi lavoratore può essere assunto a termine. Ciò ha prodotto, accanto alla disoccupazione, una nuova ondata di precarietà per le persone che hanno intravisto il miraggio di una collocazione: le aziende stanno sfruttando a più non posso questa possibilità per assumere e poi lasciare a casa lavoratrici e lavoratori. In tutta questa situazione, in cui è molto sentita la necessità di un'occupazione, da un lato emerge una forte capacità di adattamento delle donne a svolgere mansioni molto inferiori ai propri titoli di studio e qualifiche professionali.
Al contempo, le aziende utilizzano al massimo anche la possibilità di assumere le lavoratici e i lavoratori a livelli comunque inferiori alle mansioni realmente svolte e ai titoli di studio e professionali posseduti. Ciò impedisce a chi lavora il giusto riconoscimento sia professionale che economico.
In tempi di crisi come questo, purtroppo, si finisce per considerare il solo fatto di avere un lavoro una sorta di privilegio, anziché un sacrosanto diritto, e quindi spesso non viene dato il peso necessario alle rivendicazioni dei giusti e fondamentali diritti per le lavoratrici e i lavoratori, ad iniziare da quello di essere inquadrato e retribuito per quello che si fa realmente sul posto di lavoro. In sostanza, la crisi economica e occupazionale rischia di mettere in secondo piano i diritti. Noi come sindacato non accettiamo questa deriva, e quindi l'impegno e l'azione per affermare i diritti sociali e contrattuali di chi lavora non devono venir mai meno.
Ogni giornata dell'8 marzo deve rappresentare anche l'occasione per riproporre all'attenzione pubblica il problema della violenza sulle donne. Questo contesto di scarsa autonomia sociale ed economica per le donne, che crea vincoli di dipendenza, rischia di creare un terreno ancora più "fertile" alla violenza di genere.
La CSU, a conferma dell'attenzione e dell'impegno costante che pone al contrasto alla violenza contro le donne, con l'obiettivo di alimentare la cultura del rispetto, della libertà e dell'autodeterminazione, per dare un segnale forte in questa direzione ha deciso, nel prossimo Attivo generale dei Quadri che si svolgerà in aprile, di aprire una riflessione sulla legge sammarinese contro la violenza sulle donne e di delineare uno spaccato sulla situazione nel nostro paese, con l'intervento di esperti ed operatori del settore.