CSU. Lavori socialmente utili: molti sono lavori veri e propri, e possono essere svolti dai disoccupati

CSU. Lavori socialmente utili: molti sono lavori veri e propri, e possono essere svolti dai disoccupati.
I lavori socialmente utili a cui sono chiamati obbligatoriamente i lavoratori in mobilità, devono essere lavori accessori, secondari; invece molte delle attività loro assegnate sono dei veri propri lavori, ben lontani dal concetto di lavoro socialmente utile.
Un esempio esplicativo: per la mostra dedicata a Dario Fo, sono stati incaricati 24 lavoratori in mobilità, ai quali sono state prospettate mansioni anche complesse e di una certa responsabilità. Tra queste mansioni, la biglietteria, con relativo maneggio denaro, e la stessa custodia dei locali che ospitano la mostra; ciò, esattamente come il personale assunto, ma senza le relative indennità, tanto che viene loro consegnata copia delle funzioni dei dipendenti.
Come possono considerarsi lavori socialmente utili tali mansioni e responsabilità? Peraltro per essi sono previsti turni di tre ore per sei giorni settimanali, con tutti i costi che ciò comporta. Si consideri che sono stati chiamati anche diversi lavoratori che abitano a decine di chilometri di distanza.
Questi non sono lavori socialmente utili, ma lavori veri e propri; riteniamo che a svolgere tali mansioni possano essere chiamate le persone disoccupate, in particolare quelle di lungo corso e con bassi redditi familiari, attraverso la normale assunzione, come avvenuto finora.
Questo è solo l’ultimo caso, ma sono decine i lavoratori in mobilità che sono stati chiamati a svolgere diverse attività, molte effettivamente di carattere sociale che prima svolgevano i pensionati al minimo, mentre in maniera demagogica il Consiglio Grande e Generale ha approvato un Ordine del Giorno in base al quale il Governo ha chiesto di istituire un fondo di solidarietà per i disoccupati; un fondo che si vorrebbe far pagare sempre ai lavoratori e alle imprese (in sostanza, solidarietà sì, ma con i soldi degli altri…).
La mobilità la pagano quasi interamente solo lavoratori ed imprese, mentre i lavori socialmente utili (lo dice la parola stessa) dovrebbero essere svolti con costi a carico dell’intera collettività, dando lavoro a chi non ce l’ha, e riconoscendo agli stessi disoccupati un sostegno economico congruo.
Riteniamo prioritario predisporre percorsi di formazione e riqualificazione per i lavoratori in mobilità, per aumentare per loro le possibilità di trovare una nuova occupazione, affidando invece i lavori socialmente utili, retribuiti, a chi è oggettivamente più in difficoltà a ricollocarsi.
I lavoratori hanno già contribuito alla collettività, tanto che le ultime due leggi finanziarie, hanno disposto un trasferimento molto consistente, pari a 3.700.000 euro per il 2011, e a 3.400.000 euro per il 2012 dal fondo ammortizzatori sociali, formato con le risorse versate nei decenni scorsi dai lavoratori (del settore privato, AASP e precari della PA) e dei datori di lavoro, per il finanziamento del bilancio dell’ISS.
Per dare un futuro alle tante persone senza lavoro - a San Marino i disoccupati sono 1.200 - occorre innanzi tutto un progetto di sviluppo che crei nuova occupazione, partendo dal costruire percorsi di formazione per tutti i lavoratori in grado di prepararli a mansioni realmente spendibili nel mercato del lavoro. Non basta solo pensare a tamponare il difficile momento che vive il paese; occorre creare le condizioni per far ripartire l’economia e risolvere in maniera strutturale il gravissimo problema della disoccupazione.

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