L’economia dell’Emilia Romagna è in stand by

L’economia dell’Emilia Romagna è in stand by.
Una regione polarizzata tra chi ha agganciato la risalita e chi no. A fare la differenza tra i due poli è il fattore export. Per l’Emilia Romagna ci sono ripresa e rischio di una nuova recessione. È su un crinale l’economia del territorio, come emerge dai dati dell’indagine congiunturale realizzata da Unioncamere Emilia-Romagna, in collaborazione con Confindustria e Carisbo-Cariromagna. Sotto lo screening aprile maggio e giugno del 2011: l’industria emiliano-romagnola è cresciuta in volume del 3,5% rispetto allo stesso periodo del 2010. A trainare la meccanica e la ceramica, i due settori principali dell’economia. Male, invece, il legno, il tessile e l'alimentare. Gli economisti temono, però, che sia solo l’effetto rimbalzo, dopo la flessione del 2009. Per uscire dalle secche le imprese si danno all’export, cresciuto del 15%. Da segnalare i picchi del mercato indiano, +44 per cento, e quello russo, +36 per cento. In termini di Pil l’Emilia-Romagna dovrebbe crescere leggermente di più di quello italiano: le stime sono dello 0,9% per il 2011 e lo 0,5% per il 2012. Il dramma per le aziende rimangono i rubinetti del credito, serrati. Tra i dati provinciali spiccano quelli di Ravenna e Reggio Emilia, grazie ad un flusso di prestiti del 10% circa.

v.a.

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