Quando la morsa della crisi si fa più stretta, con i costi che aumentano e i ricavi che diminuiscono, i segnali positivi contano, non bastano, ma servono. La firma dell’accordo contro le doppie imposizioni, siglato a Roma tra San Marino e l’Italia, apre alla distensione nei rapporti tra i due paesi, che per ragioni geografiche e storiche non dovrebbero che essere sereni. L’antica Repubblica ha compiuto passi sostanziali nella direzione della trasparenza, ha dato prova di collaborazione nella lotta alla criminalità e sul piano giudiziario, lo Stato Italiano, che ne ha preso atto, riapre il dialogo in attesa di formalizzare con la ratifica gli accordi. Era un passaggio indispensabile, l’intesa fiscale integra il percorso avviato con la Convenzione del 2002 e completa la trilogia degli accordi in tema di collaborazione economica e finanziaria del 2009. Certo, non si può continuare con tempi così lunghi, dalla convenzione mai ratificata del 2002 sono trascorsi 10 anni, soprattutto il mondo del lavoro e dell’impresa, chiedono certezze. Ma se i problemi sono stati le esterovestizioni, i reati tributari, i fondi bancari di dubbia provenienza, le infiltrazioni mafiose, che hanno lasciato per l’Italia San Marino nella blacklist, ora il cambio di passo intervenuto deve manifestarsi nella continuità e nell’incisività dell’azione di controllo, senza sconti. Questo paese ha ben altre leve per potenziare la sua economia e deve sfruttarle sempre meglio. Per troppo tempo l’immagine di San Marino è stata associata a episodi negativi, che hanno intaccato anche la sua credibilità. E’ necessario modificarla questa immagine e promuovere l’impegno: nei fatti e con i fatti.
Carmen Lasorella
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