Il governo ipotizza un rallentamento nel processo di stabilizzazione dei frontalieri
“Sia pure a malincuore, dovremo ripensare alla stabilizzazione dei frontalieri”. Il segretario alle Finanze Valentini ha lanciato il segnale, per far capire che sacrifici verranno richiesti a tutti. Ma, all’atto pratico, cosa comporta il congelamento della stabilizzazione? Al 31 dicembre 2009 i frontalieri sono 6.275. Dal 2005 ad oggi, dalla firma dell’accordo, ne sono stati stabilizzati 2.439, ad una media di 450 unità circa l’anno. Assunti a tempo determinato sono ancora 3.836. Sarebbero stati stabilizzati a scaglioni, ma l’accordo stabiliva già che dal 1° gennaio 2011 tutti i frontalieri in forza ininterrottamente presso la stessa impresa da prima del 2003 avrebbero visto trasformato il loro accordo di lavoro. Era l’ultima tranche concordata, ed era già previsto all’epoca un rallentamento, in vista di un nuovo, possibile accordo. “C’era la possibilità di interrompere il processo nel caso in cui la disoccupazione fosse notevolmente aumentata, e ad oggi non siamo in questa situazione”, fa notare Paride Neri, Cdls. Inoltre, la stabilizzazione non comporta un costo per le casse dello Stato, almeno fino a quando il lavoratore non è licenziato, e non entra in mobilità. Più che altro lo stabilizzato, di fatto, toglie la possibilità di accedere a quel posto ad un sammarinese o residente. L’impressione, però, è che all’interno del congresso di debba ancora discutere della cosa: “La stabilizzazione non incide di fatto sugli aspetti economici della manovra – rileva il segretario di Stato al Lavoro Gian Marco Marcucci – e noi abbiamo bisogno di tutelare le aziende che sono la principale risorsa del nostro futuro. Le aziende hanno bisogno di certezze ed eventualmente gli accordi di stabilizzazione vanno modificati in una soluzione tripartita”.
Francesca Biolitti
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