L’impatto socioeconomico delle imprese chiuse al centro del confronto pubblico organizzato dall’Osla
Sul palco il governo di ieri e quello di oggi. In platea l’esasperazione del disoccupato, la rabbia del frontaliero, la paura dell’imprenditore. La contestazione è rivolta a tutta la politica, senza distinzioni. Dà il via al dibattito una serie di numeri, elaborati da Gianluca Belluzzi, membro di Ecso. Riassumono l’impatto, sul paese, della chiusura di 200 aziende per l’introduzione della minimum tax. Sono state prese in esame diverse voci: il decremento delle entrate è di 846.000 euro l’anno. Dagli esponenti del Governo segue – immediata – una domanda: è questa l’economia che vogliamo? Aziende virtuose non chiudono perché non riescono a pagare la minimum tax. Tanto più che se dimostrano di essere in perdita, quella tassa non devono versarla. Qualcuno, dal pubblico, paragona San Marino ad un drogato. E quelle 200 aziende il primo passo verso la disintossicazione. Il tramonto di un vecchio sistema. Poi, le proposte. L’opposizione chiede un modello di sviluppo e si dice pronta a collaborare, ma solo davanti ad un gesto di umiltà, all’ammissione del fallimento della maggioranza. Anche Ecso si mette a disposizione del paese per trovare soluzioni alla crisi. Gli imprenditori vorrebbero che la politica guardasse oltre la firma con l’Italia, e si preparasse ad una nuova fase. L’impressione è che si navighi a vista. E si torna a parlare anche di introduzione dell’ Iva. C’è preoccupazione. Qualcuno chiede quale impatto avrà sui consumi. E il Governo annuncia l’avvio di uno studio specifico.
Monica Fabbri
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