Italia: Esecutivo alla ricerca di acquirenti di Btp. Missione di Tria in Cina
L'argomento non è di quelli che appassionano l'opinione pubblica, ma il collocamento del debito è – attualmente – il problema più spinoso per l'Italia. A dicembre la BCE interromperà il massiccio acquisto di titoli di Stato, e Roma si troverà a dover piazzare decine di miliardi di euro di Btp sul mercato secondario, in assenza di quello che – fino ad ora – era il principale compratore. Urgono alternative, dunque; specie in caso di sforamento del tetto del 3% nel rapporto deficit/PIL, come ventilato, al Meeting, dal leghista Giorgetti: situazione che rischia di portare lo spread fuori controllo. Il Ministro dell'Economia un'idea ce l'ha: lunedì Tria volerà a Pechino, per sollecitare – a quanto pare - investimenti in titoli di Stato italiani. Già nel 2011, del resto, nel pieno delle turbolenze speculative, la Cina sottoscrisse una cifra definita “importante”, da alcuni analisti. Ma i problemi, in epoca di globalizzazione finanziaria, sono sempre dietro l'angolo. E potrebbe pesare la tragedia del Ponte Morandi, perché si da il caso che un fondo sovrano cinese – il Silk Road Fund – possegga il 5% delle quote di Autostrade per l'Italia. La revoca della concessione avviata dal Governo, insomma, rischia ora di aprire un contenzioso con Pechino. Ma anche se ciò non avvenisse resterebbe comunque un azzardo legarsi a doppio filo con la Cina, in un momento in cui quest'ultima è impegnata in un duro braccio di ferro commerciale con gli Stati Uniti. Washington, infatti, insieme a Bruxelles, resta il punto di riferimento dell'Italia, a livello geopolitico. Saremmo di fronte ad un cambio di rotta ancor più radicale qualora - in caso di crisi dello spread, e mancato intervento della BCE - si chiedesse aiuto a Mosca. A ragionare sull'ipotesi di questa “alternativa esterna” sarebbe il Ministro Savona, che – secondo “La Stampa” - riconosce tuttavia che la cosa “creerebbe seri problemi di politica estera”. In uno scenario di attacco speculativo, comunque, si penserebbe più ad una “garanzia”, che ad un vero e proprio acquisto di titoli. Anche perché – proprio in questi giorni - il capo della Corte dei Conti russa ha dichiarato che sono quasi terminate le riserve custodite nei fondi sovrani del Paese.
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