Ridotta dal 17% al 15% da pochi mesi, l’imposta monofase è destinata a risalire per effetto della decisione italiana di portare al 21% l’Imposta sul valore aggiunto. Lo stabiliscono gli accordi tra i due Paesi che hanno fissato lo spred massimo; il Titano, cioè, non potrà applicare un differenziale superiore al 5 per cento nella sua imposizione. Nello scambio di lettere ufficiali, fra l’allora capo della missione diplomatica italiana, Mario de Mandato e il Segretario di Stato per gli Affari Esteri in carica, Giancarlo Ghironzi, si affermava che le aliquote d’imposizione della monofase sammarinese, dovessero essere determinate in modo da evitare distorsioni concorrenziali nei rapporti fra i due Stati. La discesa di due punti percentuali, decisa nei mesi scorsi, aveva portato al limite il differenziale e ora l’aumento italiano costringerà a rivedere anche la monofase sammarinese. Gli aumenti non coinvolgeranno beni di prima necessità come la sanità, la casa, gli alimentari o l’istruzione, ma interesserà l’acquisto di scarpe, profumi, auto, cellulari, tv, stoviglie, computer, strumenti musicali, caffè, bevande gassate, alcolici e molti altri articoli. Costeranno di più anche estetista, barbiere, parrucchiere, idraulici, elettricisti e ditte di ristrutturazione. Il passaggio dell’IVA al 21% costerà alle famiglie italiane 92 euro in più rispetto allo scorso anno. Il Codacons ha calcolato che potrebbero esserci ripercussioni sull’inflazione, che potrebbe crescere dello 0,64%. Un effetto traino che avviene proprio all’indomani del dibattito in Consiglio Grande e Generale sul passaggio di San Marino al sistema IVA. L’ordine del giorno approvato dall’aula impegna il Governo a realizzare uno studio di fattibilità, a valutare cioè in maniera approfondita l’eventualità di un cambio nel regime fiscale. Se ne parlerà il prossimo 31 marzo, data già fissata per la presentazione delle conclusioni.
Sergio Barducci
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