Occhi puntati della comunità internazionale su San Marino, chiamata a far luce sulla delicata inchiesta per riciclaggio
Il Titano non poteva capitare in un ginepraio peggiore: traffico internazionale di sostanze stupefacenti, cocaina nella fattispecie; il regolamento di conti dell’associazione per delinquere che se lo spartiva finito con un omicidio a colpi di pistola; e riciclaggio. Vincenzo Barbieri, ucciso a marzo, aveva scelto una banca sammarinese per ripulire i soldi del narcotraffico. Se prima si parlava in astratto delle infiltrazioni malavitose, ora col caso Credito Sammarinese c’è la prova di come la ‘ndrangheta sia riuscite a penetrare nel sistema. Su come vi sia riuscita, è ciò che l’indagine dovrà appurare. E su questa indagine San Marino si gioca molto: ha gli occhi della comunità internazionale puntati addosso, deve dimostrare di avere i necessari anticorpi, e strumenti efficaci per combattere la malavita organizzata. Barbieri, affiliato alla ‘ndrangheta, era stato colpito da un provvedimento di soggiorno obbligato a Bologna. Aveva già un vecchio precedente, per droga, nel 2007. Ma la sua fedina non immacolata non gli ha impedito di aprire almeno due conti al Credito Sammarinese e di depositarvi 1 milione e 300mila euro. Al momento l’unico a pagare per questo è l’ex direttore Valter Vendemini, arrestato e già interrogato due volte, non solo da Rita Vannucci titolare delle indagini, ma anche dal sostituto procuratore di Catanzaro Salvatore Curcio. Lunedì si farà di nuovo il punto della situazione. Vendemini agì da solo? O l’intera struttura della banca era d’accordo con lui? Non si escludono altri indagati, anche all’interno dello stesso istituto, già alle prese con una forte crisi di liquidità, con l’indagine che ora ha aggravato il tutto. Non a caso si cercavano compratori, che ora però si sono defilati.
f.b.
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