L’effetto è dirompente, e non ha precedenti, se non con i due contratti per l’artigianato. Osla e Usl siglano un verbale di accordo che si pone in contrapposizione a quello già firmato, lasciando alle aziende e ai lavoratori la possibilità di scegliere. Le novità riguardano la contrattazione di secondo livello, cioè un contratto generale con deroghe legate alle esigenze delle singole aziende. Sull’orario di lavoro si propone di mantenere le 37 ore e mezzo, con la possibilità di ridurle a 36 e mezzo senza modificare la retribuzione: questo, dicono Osla e Usl, per non gravare ulteriormente sul bilancio dello stato, già colpite dalle richieste di cassa integrazione. “Non vogliamo svuotare le casse pubbliche”. Ribadisce Osla, “non aspettatevi da noi richieste di sgravi fiscali”. Gli Aumenti, per chi mantiene l’orario attuale, arrivano al 9,2%, partendo dal 2009, secondo quanto previsto dal tripartito; c’è un aumento del 10% sul salario, per le ore di flessibilità concordata. Ulteriore scatto di anzianità dopo 10 anni. L’accordo fissa un premio di produzione pari all’1% sulla retribuzione lorda, per metà legato al monte ore del lavoratore e la cui erogazione è frutto di accordo interno. “Non siamo in contrapposizione con Anis e Csu, - ribadiscono terzo sindacato e imprenditori, - ma vogliamo un contratto migliorativo”, decisione presa da Osla dopo aver tastato il polso nelle sue 80 aziende manifatturiere e 150 nei servizi. un accordo che torna a riproporre il problema della rappresentatività, in mancanza di una legge in questo senso vale l’articolo 9 della legge del ’61: “nel caso in cui si verificasse il concorso di più contratti saranno applicate le clausole più favorevoli ai prestatori di lavoro”. Se si presentassero ricorsi, cioè, l’ultima parola spetterebbe al giudice.
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